Pubblicato il 20 Marzo 2025
Una lunga vicenda giudiziaria si è finalmente conclusa con una sentenza del Tribunale di Latina, che ha stabilito un risarcimento di 70 mila euro per una famiglia che ha vissuto un incubo sanitario a causa di un errore medico. La piccola, all’epoca di soli sei anni, nel 2013 fu dimessa senza la corretta diagnosi da due ospedali, aggravando la sua condizione fino a rendere necessari tre interventi d’urgenza.
Un errore diagnostico che poteva costare la vita
Come raccontato dai colleghi de Il Messaggero Latina, tutto ha avuto inizio nell’estate del 2013, quando la bambina fu portata al Pronto Soccorso del Goretti di Latina con sintomi allarmanti: febbre alta, dolori addominali persistenti e vomito. Dopo alcuni esami, i medici le diagnosticarono una sospetta infezione urinaria, dimettendola senza ulteriori accertamenti.
Tuttavia, le condizioni della piccola peggiorarono rapidamente. La stessa notte, i genitori decisero di portarla in un altro ospedale, questa volta a Roma, dove i medici confermarono la precedente diagnosi e la rimandarono nuovamente a casa.
La corsa contro il tempo e la diagnosi tardiva
I sintomi continuarono ad aggravarsi. Dopo cinque giorni, i genitori, sempre più preoccupati, riportarono la figlia al pronto soccorso di Latina. Solo in quel momento i sanitari disposero una consulenza chirurgica, scoprendo la vera causa del malessere: un’appendicite acuta con ascesso peritoneale, che necessitava di un intervento immediato.
La bambina fu quindi trasferita d’urgenza a Roma per essere operata. Ma la sua sofferenza non era ancora finita: nei mesi successivi, le complicazioni post-operatorie la portarono a subire altri due interventi per occlusione intestinale, dovuti alle aderenze formatesi dopo l’operazione.
Le conseguenze permanenti e l’azione legale
L’errore medico ha lasciato segni indelebili: la piccola ha riportato gravi cicatrici, danni alla parete addominale e una sindrome aderenziale cronica, con pesanti ripercussioni sulla sua qualità di vita.
Di fronte a questa situazione, i genitori decisero di agire per vie legali, avviando una causa civile contro la Asl di Latina e l’ospedale di Roma. Assistiti dall’avvocata Magda Salzillo, hanno denunciato l’inadeguata gestione del caso, sostenendo che una diagnosi tempestiva avrebbe evitato la peritonite e le successive complicazioni.
La battaglia in tribunale e la sentenza
Le due strutture sanitarie hanno cercato di scaricare le responsabilità. La Asl di Latina ha negato qualsiasi legame tra la condotta dei medici e il danno subito dalla bambina, mentre l’ospedale romano ha puntato il dito contro i genitori, accusandoli di non aver seguito correttamente le indicazioni mediche.
Ma due consulenze tecniche d’ufficio hanno ribaltato la situazione, dimostrando che una corretta consulenza chirurgica sin dal primo accesso in ospedale avrebbe evitato l’aggravarsi del quadro clinico. Il danno biologico è stato quantificato al 18%, con conseguenze fisiche e psicologiche durature.
Alla fine, il Tribunale ha stabilito che entrambe le strutture sono responsabili in egual misura per l’accaduto. È stato dunque disposto un risarcimento totale di 70 mila euro per la famiglia della vittima, con 35 mila euro a carico della Asl di Latina, che ha già deliberato il pagamento della sua quota.

