Pubblicato il 24 Febbraio 2025
Sono passati esattamente sei anni da quel 2019, quando l’alpinista di Sezze Daniele Nardi affrontava per la quinta volta l’inverno sul Nanga Parbat, con l’obiettivo di realizzare la prima ascesa dello Sperone Mummery, una via storica mai scalata fino alla vetta. Con lui, il britannico Tom Ballard, considerato una delle promesse più brillanti dell’alpinismo internazionale.
La spedizione partì con un team più numeroso, includendo anche i pakistani Karim Hayat e Rahmat Ullah Baig, ma ben presto il maltempo e le condizioni estreme ridussero il numero dei partecipanti. Solo Nardi e Ballard decisero di continuare fino alla fine.
Un’avanzata difficile tra maltempo e rinunce
I due alpinisti raggiunsero il Campo Base il 29 dicembre 2018 e, nelle settimane successive, installarono tre campi in quota a 4.700, 5.200 e 5.700 metri. La spedizione sembrava procedere bene, ma il maltempo rese tutto più complicato: intense nevicate resero la scalata estremamente rischiosa e portarono al ritiro degli altri membri del team.
Nonostante la perdita dei campi in alta quota e il rischio di dover abbandonare la scalata, Nardi e Ballard ottennero un’estensione del permesso e riuscirono a organizzare un nuovo rifornimento di provviste.
L’ultima salita verso lo Sperone Mummery
Il 22 febbraio 2019, con una finestra di bel tempo, i due alpinisti decisero di tentare l’ascensione. Partiti dal Campo Base (4.200 m), raggiunsero rapidamente Campo 2 (5.200 m), grazie alle buone condizioni fisiche. Il giorno seguente proseguirono fino a Campo 3 (5.700 m), che dovettero ricostruire da zero, dato che era stato distrutto dal maltempo.
Lì, Nardi inviò una comunicazione rassicurante:
“Siamo a Campo 3. Il tempo è migliorato, ma siamo molto stanchi. Abbiamo portato zaini pesanti e dobbiamo sistemare la tenda”.
Dopo una breve sosta, ripresero la scalata fino a Campo 4 (circa 6.000 m).
L’ultimo contatto
Il 24 febbraio, dopo aver passato la notte a Campo 4, Nardi e Ballard continuarono la scalata. La loro ultima comunicazione arrivò ai membri del team rimasti al Campo Base:
“Siamo a 6.300 metri, forse anche oltre. Stiamo seguendo una via diversa da quella percorsa nel 2013 con Elisabeth Revol. Stiamo tornando a Campo 4. Il tempo è peggiorato, c’è nebbia e vento forte”.
Quel messaggio fu l’ultimo segnale di vita di Nardi e Ballard.
Le operazioni di soccorso e il tragico epilogo
L’allarme scattò solo il 27 febbraio, quando ormai erano passati oltre due giorni senza comunicazioni. Inizialmente si pensò a problemi di batterie scariche o alla mancanza di segnale radio, ma con il passare delle ore divenne evidente che qualcosa di grave era accaduto.
Le operazioni di ricerca iniziarono il 28 febbraio, con due voli in elicottero e la partecipazione di Ali Sadpara, grande conoscitore della montagna (scomparso due anni dopo sul K2). Purtroppo, le condizioni meteo avverse impedirono un intervento immediato.
La scoperta delle sagome sulla montagna
Il 1° marzo, un nuovo team di soccorritori guidato da Álex Txikon si mise all’opera utilizzando droni e telescopi per esplorare la parete. Dopo giorni di ricerca, il 6 marzo furono avvistati due corpi immobili sullo Sperone Mummery. Le immagini confermarono il decesso di Nardi e Ballard.
L’operazione di soccorso venne ufficialmente sospesa il 9 marzo. I due alpinisti sarebbero rimasti per sempre sulla montagna, lungo la via che avevano tanto sognato di conquistare.
Sui social, per la ricorrenza, in tanti hanno voluto postare il loro saluto a Daniele. Tra i molti ci piace segnalare quello di Roberto, appassionato di montagna ed amico di Daniele, che ha scritto: “Sono 6 anni che purtroppo non ci sei più fisicamente. Ma le tue scalate sulle vette del mondo rimangono in stile alpino rimarranno sempre. Ma soprattutto le tue azioni a Katmandu per progetti umanitari ai bambini e ancora più le tue parole che ci hai scolpito nell’anima e nei nostri cuori… Ciao Daniele Nardi”

