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Coronavirus produzione industriale

Al Sud si lavora 27 giorni all’anno in meno del Nord e si guadagna peggio: stipendi più bassi del 35%

Pubblicato il 11 Maggio 2025

Una frattura sempre più profonda nel mondo del lavoro: la fotografia tracciata dalla Cgia di Mestre mostra un’Italia spaccata tra due realtà

In Italia esiste una spaccatura profonda tra Nord e Sud, non solo in termini di occupazione, ma anche di giorni effettivamente lavorati, livelli retributivi e diritti contrattuali. Secondo un’analisi della Cgia di Mestre, un lavoratore dipendente del Nord lavora in media 27 giorni in più all’anno rispetto a un collega del Sud. Una differenza che equivale a quasi un mese di attività lavorativa in meno per chi vive nel Mezzogiorno, con conseguenze significative anche sui salari.

Il calendario del lavoro svela il divario territoriale

Nel 2023, la media dei giorni lavorati nel settore privato è stata di 255 giorni al Nord contro 228 al Sud. Questa disparità non è frutto di ferie aggiuntive, ma di assenze strutturali dovute a disoccupazione, precarietà, stagionalità e lavoro sommerso. Non si tratta soltanto di quantità, ma della fotografia di un sistema in cui al Nord il lavoro è più stabile e regolare, mentre al Sud fatica ad affermarsi come motore economico solido.

Lecco guida, Vibo Valentia chiude la classifica

Il primato per il maggior numero di giorni lavorati spetta alla provincia di Lecco, con 264,9 giorni annui, seguita da Biella (264,3) e Vicenza (263,5). Tutte province del Nord, con un’economia fortemente industrializzata e una presenza capillare di piccole e medie imprese.

All’estremo opposto, Vibo Valentia registra solo 193,3 giorni lavorati, quasi 70 in meno rispetto a Lecco. Seguono Nuoro, Rimini, Trapani e Foggia, tutte realtà segnate da instabilità occupazionale e scarsa continuità lavorativa.

Il sommerso: un’economia parallela che sfugge alle regole

Un dato che pesa fortemente sul divario è quello del lavoro irregolare. Al Sud, una parte consistente dell’attività economica avviene in nero, priva di contratti e tutele. Lavori stagionali, part-time involontari, occupazioni intermittenti e spesso sottopagate sono all’ordine del giorno, soprattutto nei settori agricolo, turistico e dei servizi. Questa economia sommersa contribuisce alla precarietà e cancella dalla statistica migliaia di lavoratori invisibili.

Più lavoro, più guadagni: il Nord avanti anche negli stipendi

La differenza non si ferma ai giorni lavorati: anche gli stipendi seguono la stessa rotta. La retribuzione media giornaliera lorda è di 104 euro al Nord e 77 euro al Sud, con un gap del 35%. Questo si traduce in migliaia di euro di differenza ogni anno, con implicazioni su pensioni, contributi e qualità della vita.

Milano al top, Vibo Valentia in coda

Nel 2023, Milano ha registrato la retribuzione annua lorda più alta: 34.343 euro, seguita da Monza-Brianza (28.833), Parma (27.869) e altre città dell’Emilia-Romagna. Al contrario, Vibo Valentia si ferma a 13.388 euro, seguita da Nuoro, Cosenza e Trapani, tutte ampiamente sotto la media nazionale di 23.662 euro.

Non solo quantità, ma anche qualità dell’occupazione

Nel Nord, il mercato del lavoro è caratterizzato da più contratti a tempo indeterminato, posizioni qualificate (dirigenti, quadri, tecnici) e sedi di grandi imprese e multinazionali. Al Sud, invece, prevale un’economia più fragile, con basso valore aggiunto, meno investimenti e minori opportunità.

Anche nel weekend si lavora, ma con differenze sostanziali

Secondo Eurostat, il 30,9% degli italiani lavora anche durante il fine settimana, soprattutto nei settori come sanità, logistica, ristorazione e turismo. Ma anche qui si nota la frattura: al Nord spesso si tratta di lavoro regolare, al Sud più frequentemente è precario o non registrato.

Il tempo come nuova frontiera del divario sociale

Quello che emerge è un divario non solo economico, ma anche temporale: al Nord il tempo si traduce in lavoro produttivo, al Sud in disoccupazione, attesa e incertezza. È una disuguaglianza strutturale che frena lo sviluppo del Paese e rischia di diventare sempre più difficile da colmare. Foto di repertorio

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