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Suicidio in carcere di Stefano Argentino: il legale chiede l’intervento del garante dei detenuti

Pubblicato il 8 Agosto 2025

L’avvocato Cultrera denuncia gravi negligenze nella sorveglianza

L’avvocato Giuseppe Cultrera, difensore di Stefano Argentino, il 27enne accusato dell’omicidio di Sara Campanella, ha formalmente richiesto l’intervento del Garante dei detenuti dopo il suicidio del giovane avvenuto mercoledì all’interno del carcere di Messina Gazzi.

Il legale: “Un decesso annunciato, avvolto dal mistero”

Secondo il difensore, non è la prima volta che nella casa circondariale si verificano decessi su cui permangono zone d’ombra e valutazioni errate sulla sorveglianza dei detenuti.

“Argentino, sin dal suo ingresso, aveva manifestato istinti suicidi”, afferma Cultrera. Per questo era stato inserito in regime di massima e alta vigilanza. Tuttavia, il legale ha appreso solo dopo la morte del suo assistito che il livello di sorveglianza era stato declassato oltre due settimane prima, senza alcuna comunicazione formale.

“Cinque specialisti non hanno riconosciuto il disagio psichico?”

Stefano Argentino era seguito da quattro psicologi e uno psichiatra, riferisce l’avvocato. Eppure, nessuno avrebbe colto la gravità del suo stato mentale, nonostante il detenuto avesse già annunciato l’intenzione di togliersi la vita e fosse stato ricoverato in infermeria per non aver bevuto acqua per oltre 17 giorni.

“Come è possibile che nessuno tra questi professionisti abbia riconosciuto una fragilità tanto evidente?”, si chiede Cultrera.

“Lo Stato è responsabile della vita dei detenuti”

Il legale sottolinea che privare una persona della libertà significa consegnarla alla custodia dello Stato, che diventa l’unico responsabile anche della sua incolumità fisica e mentale.

“Chi ha disposto il declassamento della sorveglianza ha commesso un errore gravissimo e dovrà risponderne”, afferma Cultrera, aggiungendo che quanto accaduto non può essere derubricato a evento imprevedibile o forza maggiore, ma è da considerarsi un suicidio annunciato.

La TV in cella e l’assenza di supporto

Un altro elemento criticato dall’avvocato è la presenza di una TV in cella, senza limitazioni, da circa due mesi.

Secondo Cultrera, ciò ha permesso a Stefano di ripercorrere quotidianamente, attraverso i media, il caso giudiziario che lo coinvolgeva, spesso con una narrazione distorta e senza alcun sostegno psicologico, aggravando ulteriormente il suo stato mentale.

Il caso Argentino solleva interrogativi profondi sul sistema di detenzione e sulla gestione delle fragilità psichiche nei penitenziari italiani.

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