Pubblicato il 16 Settembre 2025
Una scadenza che mette in allarme la giustizia italiana
Dal 30 giugno 2026 i tribunali italiani rischiano un vero e proprio collasso. In quella data scadranno i contratti dei 12mila lavoratori assunti con fondi Pnrr nel 2022, figure che hanno permesso di velocizzare i procedimenti e avviare la digitalizzazione degli uffici giudiziari.
La Fp Cgil avverte: senza di loro, il sistema giudiziario potrebbe andare incontro a “conseguenze inimmaginabili”.
L’impatto sulle sezioni più delicate
Molti di questi lavoratori operano in settori cruciali come la prima sezione penale del tribunale di Roma, specializzata nella tutela dei soggetti fragili.
«Ci occupiamo di stalking, maltrattamenti, violenze sessuali e pedopornografia – racconta Simone Rossi, lavoratore e rappresentante sindacale -. Le misure di protezione, come i braccialetti elettronici o i divieti di avvicinamento, devono essere monitorate costantemente. Basta un giorno di ritardo per mettere in pericolo le vittime».
Una giustizia più lenta significherebbe dunque rischi concreti e immediati, soprattutto per le donne vittime di violenza.
Chi sono i precari del Pnrr
I contratti, attivati in due tornate nel 2022, hanno portato nei tribunali tre profili chiave:
- Addetti all’ufficio per il processo: supportano i magistrati nella preparazione delle cause, riducendo i tempi dei procedimenti. In Italia i giudici sono poco più di 3mila per 60 milioni di abitanti: un numero insufficiente senza questo “staff di supporto”.
- Addetti al data entry: responsabili della digitalizzazione di migliaia di fascicoli cartacei, spesso in pessime condizioni. Grazie a loro, avvocati e cittadini hanno finalmente accesso online alla documentazione.
- Tecnici amministrativi: aiutano nella gestione dei servizi interni e risolvono problemi pratici come la manutenzione di computer e scanner.
I risultati già ottenuti
Il contributo dei precari ha avuto effetti tangibili: tra il 2020 e il 2024, la durata media di un processo penale di primo grado è scesa da 498 a 355 giorni.
«Senza di noi – spiega Anastasia Ascenzi, rappresentante sindacale – i cittadini rischiano di vedere allungati i tempi per il riconoscimento dei propri diritti. Sarebbe un passo indietro verso una giustizia lenta e inefficiente».
Un futuro incerto
Il governo ha annunciato una stabilizzazione solo per la metà dei 12mila lavoratori, con selezioni previste per ottobre. Ma regna l’incertezza: non sono ancora noti i criteri di scelta.
«Non sappiamo se conterà l’anzianità di servizio, i titoli, un concorso o un colloquio – denuncia Rossi -. Nel frattempo, migliaia di persone vivono nell’incertezza, mentre la giustizia rischia di fermarsi».

