Pubblicato il 23 Aprile 2025
Una visita carica di significati
Donald Trump ha messo da parte gli impegni in agenda per partecipare ai funerali di Papa Francesco in Vaticano, una scelta tutt’altro che casuale. La sua presenza ha un duplice valore: da un lato, vuole onorare un pontefice che ha segnato la Chiesa contemporanea, dall’altro mira a rafforzare i legami con la potente base cattolica statunitense, decisiva per la sua campagna di rielezione.
Ma c’è anche una motivazione più strategica: Trump intende far sentire il peso politico degli Stati Uniti in un momento cruciale per la Chiesa, con il Conclave alle porte. Da considerare anche che dieci cardinali elettori sono statunitensi, pur appartenendo a correnti interne differenti.
Tensioni passate tra Trump e Francesco
Il rapporto tra Trump e Papa Francesco è stato tutt’altro che idilliaco. Le posizioni del Pontefice su migranti, ambiente e giustizia sociale sono spesso state in contrasto con la visione del tycoon americano. In particolare, Francesco aveva criticato aspramente l’idea di costruire muri per fermare i flussi migratori, affermando che “chi costruisce muri non è cristiano”, un commento che colpì direttamente l’allora presidente USA.
Non solo: la linea pro-life del Papa non ha risparmiato nemmeno i democratici, con un attacco diretto anche a Kamala Harris per le sue posizioni sull’aborto. Questo rende ancora più evidente quanto il papato di Francesco fosse distante dall’universo ideologico trumpiano.
Il sogno di un nuovo Papa più “affine”
Trump ora guarda al futuro del Vaticano con occhi strategici. La speranza è che il prossimo pontefice possa essere più in sintonia con le sue idee e con l’ala conservatrice del cattolicesimo americano. Un’area potente non solo sul piano politico, ma anche finanziario, che da decenni ha una forte influenza sulla Chiesa.
In particolare, l’entourage di Trump si sta muovendo per sostenere candidati considerati “affidabili”, facendo leva su media e reti religiose vicine alla destra cattolica americana. Il cardinale Timothy Dolan di New York viene spesso indicato come figura chiave di questo movimento conservatore, radicato ormai in modo profondo negli equilibri ecclesiastici.
Una questione di influenza
Oltre alla dimensione religiosa, la presenza di Trump in Vaticano è anche un gesto geopolitico: un segnale ai futuri equilibri internazionali e al potere culturale che ancora oggi la Chiesa esercita nel mondo. Dopo anni di divergenze, Trump vuole evitare ulteriori attriti con un Vaticano influente su temi come immigrazione, cambiamenti climatici e diritti umani.
In un momento in cui la successione al soglio pontificio si avvicina, l’ex presidente statunitense gioca in anticipo, con l’obiettivo di influenzare il clima pre-Conclave e preparare il terreno per un possibile nuovo alleato oltretevere.

