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Verso la Fase 2 dell’Accordo di Pace tra Israele e Hamas: Equilibri Fragili e Nuovi Scenari

Pubblicato il 14 Ottobre 2025

Un mondo di nuovo diviso: gli Stati Uniti tornano protagonisti, l’Europa resta ai margini

Con Washington di nuovo nel ruolo di gendarme globale e un’Europa relegata a semplice comparsa, l’accordo di pace tra Israele e Hamas entra nella sua seconda fase, non senza ostacoli e tensioni.

Dopo lo scambio di prigionieri – con la liberazione degli ultimi ostaggi israeliani e di migliaia di detenuti palestinesi – lunedì 13 ottobre, a Sharm el-Sheikh, sono stati firmati nuovi accordi alla presenza dei rappresentanti di oltre 30 Paesi e organizzazioni internazionali.

Netanyahu assente, tensioni dietro le quinte

Assente il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha annullato la partecipazione poche ore prima della cerimonia.
Motivo ufficiale: la festività di Simchat Torah, la stessa in cui avvenne la strage del 7 ottobre.
Dietro le quinte, però, secondo indiscrezioni, Turchia e Iraq avrebbero minacciato di abbandonare il summit in caso della sua presenza.

Anche l’Iran ha rifiutato l’invito di Donald Trump, un’assenza che molti analisti considerano un punto debole del “nuovo Medio Oriente” promosso dagli Stati Uniti.

Non è passato inosservato il lungo colloquio tra Trump e Abu Mazen, presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La sedia accanto a lui, riservata a Netanyahu, è rimasta vuota, simbolo di una pace ancora incompleta.
Il presidente egiziano al-Sisi, co-presidente del summit, si è ritagliato un ruolo sempre più centrale, tanto da essere considerato una figura chiave per il futuro di Gaza.

Le prossime tappe del processo di pace

La fase 2 è ufficialmente iniziata. Il prossimo appuntamento sarà a novembre al Cairo, con una conferenza dedicata alla ricostruzione di Gaza.
I principali nodi da sciogliere restano il disarmo di Hamas e la gestione del futuro governo della Striscia.

Il piano americano prevede che l’Anp possa assumere il controllo di Gaza solo dopo una serie di riforme, ancora non specificate. Nel frattempo, l’amministrazione della Striscia sarà affidata a un “comitato tecnico” supervisionato da un organismo internazionale.

Era stato fatto il nome di Tony Blair, ma Hamas ha posto il veto. Trump ha aperto ad altre opzioni, tra cui un possibile ruolo del presidente egiziano al-Sisi.

Sul fronte della sicurezza, Trump ha confermato che Hamas potrà temporaneamente operare come forza di polizia palestinese:

“Vogliono la pace e lo hanno detto apertamente. Abbiamo dato loro l’approvazione per un periodo di tempo. Penso che andrà tutto bene”, ha dichiarato.

Una forza internazionale di stabilizzazione: l’Italia pronta a partecipare

La nuova fase prevede anche lo schieramento di una forza internazionale di stabilizzazione, di cui però non sono ancora noti i dettagli.
Gli Stati Uniti hanno già istituito un centro di comando nella base israeliana di Hatzor, con 200 militari.

In questo contesto, l’Italia potrebbe avere un ruolo di primo piano. La premier Giorgia Meloni ha dichiarato a Sharm el-Sheikh:

“L’Italia è pronta a fare la sua parte. È una grande occasione.”

Meloni ha ricordato che i carabinieri già formano la Polizia palestinese e partecipano alla missione europea a Rafah. L’Italia potrebbe dunque rafforzare la propria presenza fino a contribuire a una forza di stabilizzazione, previo via libera del Parlamento e una risoluzione ONU.

La Francia rilancia, il Qatar richiama alla realtà

Anche Emmanuel Macron ha rivendicato un ruolo per la Francia, annunciando una “conferenza umanitaria per Gaza” che Parigi co-organizzerà.
Trump, tuttavia, ha ironizzato sul “basso profilo” dei francesi durante il summit.

La fase 2, la più delicata del processo, è dunque partita, ma molti punti restano indefiniti.

Come ha sottolineato il premier del Qatar, uno dei principali mediatori:

“Le questioni più complesse, come il disarmo di Hamas e il futuro governo di Gaza, sono state rinviate perché le parti non erano pronte a un accordo complessivo.”

Una dichiarazione che spegne gli entusiasmi e ricorda quanto fragile e incerto sia ancora il cammino verso una pace duratura.

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