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Achille Lauro parteciperà all’Eurovision: conquistata San Marino

Pubblicato il 20 Febbraio, 2022

L’importante era arrivare a Torino. E Achille Lauro ci sarà: come rappresentante di San Marino.

Remo o Marino, tutti i santi aiutano per andare all’Eurovision. Rolls Royce o Panda, l’importante era arrivare a Torino. E Achille Lauro ci sarà: come rappresentante di San Marino, bandiera bianca e azzurra. È apparso alle 22.11 per ritirare il ghiotto pass, finendo l’esibizione educatamente a torso nudo — via la giacca blu notte — e almeno non deludere le attese. Band in formato ridotto (si canta sulla base, da regolamento), niente coriste né battesimi e un brano inedito firmato da ben dieci autori, Stripper (spogliarellista), che nemmeno compare nell’ultimo disco.

Poteva bastare e avanzare, avrà pensato, questo pezzo fluid-punk il cui testo gioca con le citazioni — “Like a virgin” “All I need is love” “Nessuno mi può giudicare” o “Personal Jesus” — adeguato al clima anni Ottanta di una serata vintage assai, nello stile amato dai Capitani Reggenti. Ma che stupida voglia che ho, canta Achille Lauro, ma guarda che donna che sono, metto la gonna più corta che ho e vado fuori di me. A San Marino.

La prima edizione di Una voce per San Marino valeva un posto per l’Eurovision Song Contest di Torino (10-14 maggio) ed è stata tirata su apposta, intorno a questo biglietto della lotteria, al Teatro Nuovo (lo era sicuramente anche lui negli anni 80), due passi oltre il confine: fin qui il candidato sammarinese veniva scelto a tavolino, ma dà che l’Eurovision è diventato improvvisamente importantissimo dopo 66 anni di anonimato — grazie ai 200 milioni di spettatori davanti ai Måneskin un anno fa — valeva la pena cogliere l’attimo.

Seicento candidati e il favoritissimo, fuori categoria come De Niro alla recita di Natale. Requisiti? Più facile, decisamente, che prendere la cittadinanza della Serenissima Repubblica, la più antica del mondo: bastava avere sedici anni e un passaporto qualsiasi. Non serviva manco il Super Green Pass. Qualche Jessica Rabbit, un po’ di fetish e malinconia, tanta dance rimasticata, molti outfit da nozze a Plovdiv, necessari messaggi queer.

E così Achille Lauro, defenestrato a Sanremo (14°: non è sempre domenica), ha cercato la porta di servizio dell’Eurovision facendo penitenza in questo tenero e generoso festival di paese, Sanremo in miniatura con diretta mondiale su San Marino Rtv, senza orchestra né fiori né fiorelli. Ma con il sigillo di Mogol, presidente della Giuria, e Peppe Vessicchio in platea (boato di sollievo del pubblico pagante). Niente televoto, niente scherzi.

achille lauro
Nella foto: Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir – “Domenica” FONTE

«Un’esperienza di vita», il commento del cantante che è venuto a giocarsela un po’ come si faceva l’Intertoto una volta per qualificarsi alle coppe europee di calcio. S’era iscritto prima di Sanremo, informano. Nell’albo d’oro dell’ESC figurano anche gli Abba e Celine Dion, Gigliola Cinquetti e Toto Cutugno, ma mai dal 1956 a oggi era stato una faccenda tanto importante. Finora solo Liechtenstein e Vaticano non hanno partecipato. Finora.

Un titano tra avanzi di reality, vecchie glorie e aspiranti qualcosa, Achille Lauro s’è dovuto misurare con Ivana Spagna, tornata alle origini con un brano disco in inglese (Seriously in love) direttamente dall’era festivalbar, quando nei walkman lei cantava Dance Dance DanceEasy Lady o Call me. Non a caso, ha rindossato la stessa giacca verde alla Sgt. Pepper con alamari, gloriosa divisa di quelle battaglie da hit-parade.

Poi tra i 18 concorrenti c’era Valerio Scanu, quello che vinse Sanremo dodici anni fa facendo l’amore in tutti i laghi e tutti i luoghi, e oggi dice che se “il mondo fosse governato dalle mamme non ci sarebbero più figli in guerra” in una canzone (Io credo) che fa temere una deriva Povia: “Faccio il segno della croce in una Sinagoga”, “credo agli alieni che ci guardano dall’alto” e “che esiste un paradiso per i cani che hanno amato i bambini”. E c’era anche Alberto Fortis, pure lui in look Sgt. Pepper come Spagna, come corista-tutor degli imberbi romani (non li odia più) Deshedus, insieme a Tony Cicco della Formula 3.

Al secondo posto però si classificherà classificata la coppia formata da Alessandro Coli (da Sant’Arcangelo) e Burak Yeter, il dj turco autore della canzone di testa de “La casa di carta”.

L’ospite internazionale della serata era Al Bano che, sotto il puntuale borsalino bianco, nei suoi acuti venticinque minuti di palcoscenico, in due rate, si è esibito anche in un medley con Senhit tra I cigni di Balaka e quella Will You Be There che, sostenne in tribunale, Michael Jackson gli avesse copiato. “Un uomo di quelli che non ci sono più, un uomo che sa di terra”, lo hanno introdotto così. Alla fine, con Felicità, tutti in piedi e bagno di folla in platea del Carrisi che ha annunciato “l’anno prossimo a quasi ottant’anni voglio essere a Sanremo”.

Un immancabile tocco di moderna globalizzazione anche nella conduzione, affidata a Senhit (cantante bolognese di origini eritree dalla poderosa voce disneyana) già tre volte rappresentate di San Marino all’Eurovision, e all’israeliano Jonathan Kashanian noto, dicono, al pubblico televisivo del pomeriggio.

Achille Lauro ha dunque riscosso oltre la mezzanotte settemila euro (butta via) e l’ambito accredito per Torino dove se la vedrà con Mahmood e Blanco, Vladana dal Montenegro e Nadir Rüstemli dall’Azerbaigian. Brividi.

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