Pieni d’ansia, impotenti di fronte all’abisso che si sta creando tra ricchi e poveri, anche a scuola, con gli inevitabili danni apportati dalla didattica a distanza, gli Italiani, fotografati come ogni anno dal Censis (è il 54esimo rapporto), vivono in un Paese che è “una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti”. Il lavoro precario è scomparso: sono cinque milioni “le persone che ruotavano intorno ai servizi e che hanno finito per inabissarsi senza rumore”.
Ne esce l’immagine di una nazione individualista, che deve affrontare giornalmente “problemi sociali di antica data, rissosità della politica e conflitti istituzionali”. Il sentimento prevalente è per tre italiani su quattro la “paura dell’ignoto e l’ansia conseguente”. Il 57,8% dei cittadini “è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della salute collettiva”, il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle.
Ma è anche una crisi culturale, quella disegnata dal Censis. Un ragazzo su due ritiene che in epoca Covid i giovani vadano curati prima degli anziani”. E saranno, questo il pensiero degli italiani, feste tristi, con il 60% che taglierà le spese per il cenone e il 44,8% degli italiani convinto che usciremo peggiori dalla pandemia. Riguardo alla scuola il 74,8% dei dirigenti pensa che “la didattica a distanza ha di fatto ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti”.
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