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Appalti pilotati in Sicilia: chiesti gli arresti domiciliari per Cuffaro e Romano

Pubblicato il 4 Novembre 2025

La richiesta della Procura di Palermo

La Procura di Palermo ha avanzato una richiesta di arresti domiciliari per 18 persone, tra cui Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana, e Saverio Romano, parlamentare di Noi Moderati.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione nell’ambito di un’inchiesta su presunti appalti truccati.

I carabinieri del ROS hanno notificato a tutti gli indagati l’invito a comparire davanti al giudice per le indagini preliminari (GIP) per un interrogatorio preventivo.
Solo dopo le audizioni, il GIP deciderà se accogliere la richiesta di arresti domiciliari presentata dalla Procura e, nel caso di Romano, valuterà anche l’eventuale richiesta di autorizzazione a procedere del Parlamento.

Perquisizioni e nomi eccellenti nell’inchiesta

Oltre a Cuffaro e Romano, risultano coinvolti funzionari pubblici e figure di fiducia dell’ex governatore, tra cui Vito Raso, suo storico autista e collaboratore.
A diversi indagati, compreso Cuffaro, i militari dell’Arma hanno eseguito perquisizioni disposte dai pubblici ministeri nell’ambito delle indagini coordinate dal procuratore Maurizio de Lucia.

Secondo l’accusa, il gruppo avrebbe agito in modo organizzato e sistematico per pilotare gare pubbliche e appalti, alterandone l’esito a vantaggio di interessi privati e reti di potere legate al mondo politico e amministrativo.

I precedenti giudiziari dei principali indagati

Salvatore Cuffaro, attuale presidente nazionale della Nuova Democrazia Cristiana, è già noto alla cronaca giudiziaria: nel 2011 è stato condannato in via definitiva a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
Ha lasciato il carcere nel 2015, dopo aver scontato quattro anni e undici mesi, beneficiando di un indulto di un anno e della liberazione anticipata per buona condotta.

Saverio Romano, invece, era stato in passato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma prosciolto nel 2012 dal GIP con la formula dell’insufficienza di prove.

Le prossime mosse giudiziarie

Il fascicolo, che secondo gli inquirenti documenta una rete di corruzione e scambi di favori attorno agli appalti pubblici, è ora nelle mani del GIP che dovrà decidere se confermare le richieste di arresto o respingerle.
La vicenda potrebbe riaprire una pagina delicata per la politica siciliana, riportando sotto i riflettori figure storiche legate al potere regionale. Fonte: Ansa

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