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Bombe a Ponticelli, dopo mesi nulla è cambiato: “Andarsene? Forse è l’unica soluzione”

A sette mesi dal primo ordigno Ponticelli è ancora sotto i bombardamenti dei clan

Pubblicato il 30 Settembre 2021

Ancora bombe a Ponticelli, il quartiere torna nel terrore: “A Napoli Est lo Stato ha perso”

Napoli – E’ rabbia, mista a paura e sconforto, quella che si respira in queste ore a Ponticelli, popoloso quartiere della periferia orientale di Napoli. Dopo l’apparente “tregua estiva” i clan di camorra sono tornati a darsi battaglia lungo le strade della piana vesuviana, gettando una nuova onda di terrore tra i residenti. Proprio loro, infatti, si ritrovano a pagare le spese più onerose di questa infinita faida mafiosa dove un’intera comunità è da tempo in “ostaggio della paura e della violenza”.


Forse andarsene è l’unica soluzione” racconta oggi, a malincuore, Antonio Martinelli giovane residente ed attivista del quartiere, mentre sul suo volto compare un ghigno che si mescola tra smarrimento e amarezza. “Sto pensando seriamente – chiarisce – di trasferirmi per aumentare la qualità della mia vita. Qui, parliamoci chiaramente, è troppo bassa”.


A sette mesi dal primo ordigno – esploso intorno alle 4 del mattino del 18 marzo tra via Luigi Crisconio e vico Lepre in piena zona rossa – Ponticelli è ancora sotto i bombardamenti dei clan e nulla sembra essere cambiato. “La sensazione – continua Martinelli – è che oggi lo Stato ha perso. Dall’inizio dell’anno a Ponticelli sono scoppiate numerose bombe, in una nazione che non si trova in guerra!”.


L’ultimo ordigno, su cui in queste ore stanno indagando gli agenti del commissariato locale della Polizia di Stato, divampato nella notte tra il 28 ed il 29 settembre scorso in via Luigi Piscettaro – causando il ferimento di una donna ed il figlio 14enne, raggiunti dalle schegge di un vetro andato in frantumi per l’esplosione – è solo il più recente evento di una violenta escalation criminale che è andata avanti per tutto il corso dell’ultimo anno. Delineando un’aspra faida di camorra tra il clan De Martino ed alcune longeve famiglie del territorio orientale alleate con il clan Casella.

Negli scorsi mesi, infatti, nell’Oriente partenopeo si sono alternati momenti di apparente calma a pericolose azioni criminali che trovano il proprio apice in primavera. Quando tra il 10 e il 14 maggio, nell’arco di poche ore, sul quartiere piovono addirittura tre bombe, in neanche 4 giorni, tutte poste verso o a ridosso del Rione Fiat, definito dagli inquirenti la “roccaforte del clan De Martino”.

Proprio dai quei giorni tumultuosi la cittadinanza attiva dell’area est si rimbocca le maniche, come del resto qui ha sempre fatto, per costituire “Disarmiamo Ponticelli – Comitato di liberazione dalla camorra”. Nato nell’omonimo quartiere lo scorso 15 maggio da una lista quasi infinita di promotori che vanno dalle associazioni del territorio, gruppi di volontariato, cooperative, passando per teatri e centri culturali, fino ad una lunga serie tra assessori, consiglieri comunali e municipali.

Non è più paura – spiegano in quei giorni elettrici dal neonato comitato – ma angoscia, inquietudine, spaesamento. La deflagrazione, il rumore sordo, la cortina di fumo che annebbia e ammorba. Siamo più forti. Siamo di più”. Dando, nei fatti, vita ad una serie di iniziative pubbliche sul territorio e riunioni aperte a tutti affinché “chi sa parli”. Proprio in questi tempi vengono stilate così le richieste che la cittadinanza dell’area orientale chiede al Governo e al Prefetto di Napoli. Come, ad esempio, “l’attivazione delle telecamere di videosorveglianza e le scuole aperte d’estate con campi per bambini e adolescenti e il contrasto alla povertà educativa”.

Ma, a distanza di mesi, tutti i “tre punti chiesti dal comitato sono rimasti inevasi”. “Solo parole – prosegue Martinelli – ed una maggiore presenza di forze dell’ordine sul territorio, ma se è arrivata un’altra bomba vuol dire che non basta militarizzare il quartiere. Bisogna avere la volontà di smantellare i clan. Serve un sevizio di videosorveglianza che ad oggi non è ancora partito”.

Il comitato è più per sensibilizzare la cittadinanza, ma le istituzioni devono fare il loro lavoro. Qua ognuno si nasconde. Il processo doveva portare a qualcosa di tangibile, nel quartiere c’è una paura diffusa che continua a crescere”. “Le sensazioni – sottolinea Martinelli che con la sua associazione Culturale Renato Caccioppoli è anche tra i promotori del Comitato di liberazione dalla camorra – restano personali, ma la percezione è che il quartiere degrada giorno dopo giorno”.

Nessuno oggi, dalla politica locale a quella nazionale ha fatto niente. Per me il ministro dell’Interno doveva venire a Ponticelli. Io sono arrabbiato ma come me tanti. Ci vuole più polizia ma non è l’unica soluzione perché non ha funzionato. Oggi l’unica soluzione è andarsene da Ponticelli” conclude amareggiato Martinelli.