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Bracciante morto sotto il sole cocente a 47 anni. Arrivano le condanne per i caporali

Pubblicato il 24 Novembre, 2022

Una storia che fece molto discutere e che fa il paio con le altre morti sul lavoro causate del caldo. Il bracciante 47enne che morì sotto il sole cocente sette anni fa nelle campagne salentine scatenò mille polemiche. Lui era Abdullah Mohammed e secondo la Corte d’Assise presieduta dal Giudice Pietro Baffa la morte del bracciante si poteva evitare. Con queste premesse e con l’accusa di riduzione in schiavitù e omicidio colposo, all’interno dell’aula bunker del Tribunale di Lecce, questa mattina, è arrivata la sentenza. Ed è più dura del previsto. Il PM aveva invocato la condanna a 11 anni e mezzo di reclusione per i due imputati accusati del decesso dell’allora 47enne, ma la Corte ci è andata giù pesante e ne ha stabiliti 14 e mezzo a testa. I due condannati sono l’imprenditore Giuseppe Mariano, 83enne a capo dell’azienda agricola per la quale lavorava la vittima, e Mohamed Elsalih, 42enne originario del Sudan, accusato anche di aver reclutato i migranti. Stando alle carte dell’inchiesta, Abdullah Mohammed era affetto da una grave forma di polmonite che avrebbe potuto e dovuto essere riscontrata ed è morto di fatica.

Bracciante morto sotto il sole, ecco le parole della difesa

Il bracciante è morto quel tragico 20 luglio del 2015 per un mix di sforzo fisico e alte temperature che, unite alla sua malattia, non gli hanno lasciato scampo. Ma il bracciante rimasto vittima del caldo e del troppo lavoro è solo un caso, un caso che troppo spesso può ripetersi e che continua ad essere sottovalutato. Secondo l’accusa, infatti: “Era soltanto uno dei tanti lavoratori stranieri costretti a lavorare e vivere in condizioni estreme, senza pause, riposi, fino a 12 ore al giorno, per poche decine di euro”. Anche per questi motivi, il legale difensore della famiglia del 47enne parla di “vittoria sul fronte dei diritti civili. Perchè di Mohammed, invisibili fino a quando non accade il peggio, ne esistono tanti”. Non solo alla reclusione, i due imputati sono stati condannati anche al risarcimento danni, pari a 50mila euro, in favore della moglie di Mohammed e il resto, da liquidarsi in separata sede, in favore delle altre parti civili (Flai-Cgil Brindisi e Cgil Lecce, il Comitato interministeriale per i diritti umani e poi le note società Mutti e Conserve Italia che dall’azienda Mariano si rifornivano).

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