Pubblicato il 11 Settembre, 2023
Un altro pubblico ministero che scatena polemiche con la sua decisione.
Questa volta siamo a Brescia, dove per il marito, un uomo del Bangladesh, denunciato dalla moglie connazionale per maltrattamenti, il magistrato ha chiesto l’assoluzione.
Il pm ha sottolineato che “I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine”.
Il pubblico ministero parlando della presunta vittima scrive che “Le condotte dell’uomo sono maturate in un contesto culturale che sebbene inizialmente accettato dalla parte offesa si è rivelato per costei intollerabile proprio perché cresciuta in Italia e con la consapevolezza dei diritti che le appartengono e che l’ha condotta a interrompere il matrimonio. Per conformare la sua esistenza a canoni marcatamente occidentali, rifiutando il modo di vivere imposto dalle tradizioni del popolo bengalese e delle quali invece, l’imputato si è fatto fieramente latore”.
In sostanza il caso viene inquadrato come un reato culturalmente orientato, ma la presunta vittima – che ha denunciato l’ex marito – non ci sta e replica: “La cultura di origine non può essere una scusa. Sono stata trattata da schiava”.
“Nel 2019 una donna denuncia il marito bangladese per maltrattamenti. Come riporta la stampa , il pubblico ministero ne ha chiesto l’assoluzione poiché si tratterebbe di un fatto culturale. Non è accettabile che al Tribunale di Brescia il pm chieda il proscioglimento dell’imputato, residente a Milano, sul presupposto che i soprusi perpetrati siano motivati dalla cultura del soggetto in questione. Sul territorio italiano vige un codice penale che non ammette deroghe e tutti coloro che vivono in Italia sono tenuti a rispettare le nostre leggi. Aprire varchi di questo genere è una deriva pericolosa che in un momento di recrudescenza della violenza contro le donne può essere letale”, dichiara la senatrice di Fratelli d’Italia Susanna Donatella Campione, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.
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