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Campi Flegrei

Campi Flegrei, l’allarme del vulcanologo: “Le scosse di terremoto segnalano il rischio di una nuova Pompei”

Pubblicato il 20 Settembre, 2023

Il piano di emergenza per una eventuale eruzione nei Campi Flegrei è irrealistico perché si basa su “uno scenario probabilistico” e non tiene conto che si potrebbe arrivare a dover sgomberare i residenti con un’eruzione già in corso, circostanza niente affatto improbabile.

Il nuovo allarme sulla pericolosa situazione nell’area del supervulcano campano è molto autorevole e arriva da Giuseppe Mastrolorenzo.

Campi Flegrei
 Giuseppe Mastrolorenzo

Il vulcanologo e primo ricercatore dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia già da anni pone l’attenzione sulle criticità dei vari piani e degli interventi che hanno riguardato i rischi nell’area flegrea. 

Qualche giorno fa, dopo la riunione che si è svolta a Roma tra i sindaci locali e il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, lo studioso ha rilasciato una lunga intervista al programma “Overshoot” su Radio Radicale, nella quale ha ribadito le sue preoccupazioni. Così mentre nelle ultime settimane si è registrata una delle scosse di terremoto più forti di sempre, la vera questione, a giudizio di Mastrolorenzo, è che si parla poco di come affrontare una eventuale eruzione.

“Da parte delle autorità si pone molto l’accento sul rischio sismico – spiega Mastrolorenzo – ma nei Campi Flegrei la sismicità non è mai stata particolarmente violenta, mentre il problema vero riguarda il fatto che le scosse attuali possono essere già i precursori dell’eruzione, che potrebbe essere una supereruzione per energia decine di volte superiore a quella del 79 d. C. di Pompei”.

A giudizio del vulcanologo “è grave che si dia per scontato che si riuscirà a prevedere l’eruzione addirittura con 72 ore di anticipo, una ipotesi molto ottimistica, quasi come se avessimo firmato un contratto con il vulcano. Invece viviamo su un sistema assai complesso, in cui la variazione anche di un solo parametro nel sottosuolo può innescare l’eruzione, magari un parametro che non riusciamo a misurare”. 

Cosa può accadere in concreto? Spiega Mastrolorenzo: “Il problema è che la valutazione sui livelli di allerta, quando cioé passare a quello arancione e nel caso al rosso, viene presa dalla Commissione Grandi rischi sulla base di esperienze e valutazioni dei singoli membri ed è molto probabile che si arrivi a un falso allarme oppure, peggio ancora, che si ritardi l’evacuazione e ci ritroviamo magari a eruzione già iniziata…”.

Che alternative ci sono a questo scenario da brividi? Mastrolorenzo indica quella che ritiene la via maestra: “Bisogna abbandonare l’approccio probabilistico del piano di evacuazione e adottare quello deterministico, in pratica dobbiamo metterci in condizione di elaborare un piano che preveda l’allontanamento della popolazione anche durante una fase eruttiva già iniziata. È questo lo scenario più probabile, ed è già accaduto nel caso del Pinatubo nelle Filippine o del Merapi in Indonesia. Dobbiamo essere in grado di salvare la popolazione anche in caso di eruzione, attraverso vie di fuga radiali e non tangenziali, ma questo tipo di scenario non è contemplato dagli attuali piani. Insomma, anche se l’eruzione ci coglie di sorpresa dovremmo poter sapere cosa fare e come aiutare la gente, ma tutto questo oggi semplicemente non è stato previsto”.

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