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Case popolari: “L’offerta è ancora troppo bassa”

Pubblicato il 19 Settembre, 2022

A causa del Covid prima e dell’inflazione poi, sempre più famiglie italiane non riescono a pagare l’affitto, a fare la spesa e a saldare le bollette.

Si trovano a dover scegliere tra una casa, il cibo in tavola o il riscaldamento, facendo tornare alla ribalta il tema delle case popolari, argomento ignorato da un po’ tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi anni, senza alcuna distinzione di colore.

L’offerta di alloggi popolari è ancora troppo bassa rispetto alla domanda, ma di quanto? Di quanti alloggi ERP (Edilizia residenziale pubblica) l’Italia ha bisogno, quanti ne ha? Quali sono i criteri per avere una casa popolare? Riccardo Novacco, presidente di Federcasa, ha fatto il punto della situazione mettendo in luce tutte le criticità esistenti nel sistema case popolari. Federcasa rappresenta gli Enti di promozione e gestione dell’edilizia residenziale pubblica: ovvero gli ex IACP comunque denominati e trasformati nel corso delle riforme regionali che si sono susseguite all’indomani del processo di decentramento che ha interessato l’edilizia residenziale pubblica.

La situazione attuale del patrimonio ERP è critica, sotto più punti vista. I problemi riguardano non solo l’offerta di alloggi popolari ma anche la qualità, sia dal punto di vista strutturale che energetico. “Adesso siamo fortunati, c’è il Pnrr, il superbonus, ma questo non andrà avanti tutta la vita, prima o poi finiranno e allora come faremo?”, s’interrroga Novacco chiedendo al governo contributi strutturali al settore.

L’offerta è ancora troppo bassa

Il problema casa continua ad essere sottovalutato nel nostro Paese, con importanti ripercussioni non solo sulla vita delle persone in difficoltà economica ma anche sulla crescita economica della nazione. La carenza di alloggi a basso prezzo, infatti, spinge sempre più giovani a prolungare la vita nella famiglia di origine (il 46% dei ragazzi italiani tra i 25 e i 34 anni vive ancora con i genitori a fronte dell’11,5% dei francesi, il 3,7% degli svedesi, con una media europea inferiore di 20 punti rispetto a quella italiana). Da considerare poi la scarsissima partecipazione all’istruzione universitaria, il bassissimo tasso di natalità e la resistenza alla mobilità lavorativa interna.

In Italia la carenza di abitazioni e di misure per gli alloggi per i redditi più bassi è ormai conclamata, con i numeri che parlano dell’esistenza di circa 950 mila alloggi tra gestione degli enti ERP e proprietà dei comuni, cifra che corrisponde ad appena il 4% dell’intero patrimonio abitativo (report The State of Housing 2021 curato da Housing Europe). Riccardo Novacco, presidente di Federcasa dichiara che “in Italia il 3,7% delle famiglie vive in una casa popolare contro il 9% della media europea. E’ un dato molto allarmante”. A causa del Covid e del rallentamento economico in atto dall’inizio della guerra in Ucraina, Federcasa stima un consistente aumento delle domande di case popolari per il prossimo futuro, con numeri ben al di sopra delle 320mila richieste pendenti registrate dal Ministero delle infrastrutture nel 2016 (dato che non copre tutti i comuni). Secondo l’Istat, infatti, ci sono circa 1,8 milioni di nuclei familiari che versano in una situazione di povertà assoluta e che quindi avrebbero i requisiti economici per accedere alla casa pubblica (Rapporto Istat 2019 sulla Povertà in Italia). Come si fa ad avere una casa popolare?

I criteri di assegnazione delle case popolari

“Tutte le regioni adottano un loro sistema di assegnazione delle case popolari perché le  aziende sono a conduzione regionale, anche se su una legge nazionale”, spiega Riccardo Novacco, presidente di Federcasa in un’intervista a Today.it. “Ognuno decide di fare i bandi quando vuole, ogni due anni, ogni anno, ogni regione legifera come vuole”. Questo, assieme ad una scarsa offerta, è solo uno dei tanti problemi esistenti nell’edilizia residenziale pubblica. “Ci vorrebbe un’indicazione nazionale, lo sottolineo tre volte: il problema è che i governi che si sono succeduti negli anni non hanno mai ritenuto importante prendere questo tema in considerazione. Noi non siamo mai stati interpellati da nessuno e qua non mi rivolgo solo ad una politica di un certo colore”, dichiara Novacco.

Per ottenere una casa popolare, infatti, i requisiti cambiano da regione a regione e non contemplano solo il reddito ma anche requisiti di residenza o lavoro, risultando più stringenti in alcune regioni (Abruzzo, Veneto, Piemonte, Liguria) per limitare le assegnazioni agli stranieri, soprattutto extra comunitari. C’è chi dà una maggiore importanza al reddito e chi invece alla numerosità della famiglia, oppure chi assegna un maggiore punteggio ai nuclei familiari con anziani e/o invalidi. Quasi tutte le regioni decidono sia i requisiti di partecipazione al bando che i punteggi da assegnare, ma ci sono delle eccezioni come l’Emilia Romagna che demanda tutto ai comuni. Lazio e Friuli Venezia Giulia, invece, fissano i requisiti di partecipazione al bando lasciando ai comuni autonomia sui punteggi da assegnare. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, a livello regionale “il Piemonte sembra essere la regione più attenta alla complessità delle situazioni di difficoltà famigliari meritevoli di attenzione; seguono appaiate Liguria e Valle d’Aosta e a ruota Basilicata e Marche. La Provincia autonoma di Bolzano, la Sardegna, la Calabria e la Campania hanno disegnato le mappe più semplificate degli aspetti personali e oggettivi meritevoli di attenzione per l’assegnazione di una casa popolare”.

La cosa assurda non è solo questa differenza nei criteri di assegnazione delle case popolari ma è anche la mancanza di un archivio nazionale per avere la misura della situazione, per capire di quanto la domanda supera l’offerta, ad esempio.  Un po’ di numeri ce li ha dati Riccardo Novacco, presidente di Federcasa: “Abbiamo 2,5 milioni di inquilini con un indicatore Isee medio sotto i 10mila euro l’anno a famiglia e 320mila domande inevase. Come farà una famiglia con un indicatore Isee sotto i 10mila euro a pagare nei prossimi mesi le bollette e i canoni che in questo momento in Italia si aggirano in media attorno ai 110 euro al mese (su una media di mercato pari a 470 euro /mese)? E’ una cifra molto bassa, ma se uno non ce li ha non ce li ha, anche un euro è tanto se non si ha nulla”.

Richieste ERP per regione-2

Quanto costa vivere in una casa popolare

Chi riesce ad ottenere l’assegnazione di una casa popolare si ritrova a fare i conti con altre spese, lievitate di recente a causa del caro energia. Secondo una simulazione della Caritas una famiglia tipo assegnataria di un alloggio ERP arriva a spendere fino a 3.100 euro l’anno tra affitto e bollette. In particolare, oltre al canone ci sono da considerare le spese accessorie, ossia i costi condominiali con e senza ascensore (da 900 euro/ anno a 650 euro/anno); le utenze di riscaldamento e acqua (circa 1.800 euro/anno); i costi dell’elettricità (400 euro/anno). Vale la pena ricordare che l’affitto varia molto da famiglia a famiglia, a seconda del titolo di godimento e del tipo di proprietà. Per gli alloggi ERP ciascuna regione ha disciplinato le fasce di canone in relazione ai redditi in genere calcolati con l’Isee del nucleo familiare. Per cercare di schematizzare la questione rispetto alle diverse discipline regionali è possibile individuare una fascia definibile di “protezione” per i nuclei con gli Isee più bassi, una fascia convenzionalmente di “accesso” per i nuclei con un reddito intermedio e, infine, una fascia di “permanenza” per le famiglie che appartengono alla classe Isee collocata al di sotto dei 17 mila/20 mila euro. Per ogni fascia è stato individuato un canone medio.

Nel rapporto intitolato ‘Casa e abitare nel Pnrr’ la Caritas ha calcolato quanto queste spese vanno ad incidere sui redditi, per definire la soglia rispetto alla quale sarebbe opportuno ridurre le spese accessorie e/o i canoni. Laddove l’incidenza tra canone e spese rispetto al reddito supera il 30%, si presentano difficoltà nel lungo periodo, rivela l’ente per la promozione della carità sottolineando che “le spese accessorie, e in particolare quelle energetiche, sono pertanto assolutamente rilevanti e una riduzione di circa 1.500-2.000 euro/anno di spese accessorie darebbe respiro a molte famiglie con redditi medio-bassi”.

Costi abitativi ERP-2

“In Italia servono almeno 200-300mila nuovi alloggi”

“Il problema principale delle case popolari è che abbiamo una richiesta molto importante e abbiamo bisogno di molti alloggi che non abbiamo – ha dichiarato Riccardo Novacco, presidente di Federcasa in un’intervista a Today.it -. Oggi in Italia avremo bisogno di almeno 200-300 mila nuovi alloggi da poter dare per soddisfare un po’ le domande. La nostra attività primaria, che è quella della manutenzione delle case popolari, sta via via diventando sempre più difficile perché abbiamo alloggi ormai vetusti e riattarli diventa molto oneroso. Stiamo attraversando un momento storico molto difficile, la povertà incombe e nei prossimi mesi, anche a causa del rincaro delle bollette, avremo delle serie difficoltà di bilancio perché le case popolari le dobbiamo gestire solo con gli introiti provenienti dagli affitti che ci pagano gli inquilini. Ci ritroviamo in seria difficoltà perché non siamo come gli enti locali che possono contare sui tributi, noi non viviamo con una percentuale di tasse che i comuni e le regioni ci danno, viviamo dei canoni – sottolinea Novacco -. Nel momento in cui aumenta in maniera esponenziale la morosità, partiamo da un 22% indicativo di morosi sui canoni, per noi far quadrare i numeri di bilancio diventa davvero difficile, non solo per le manutenzioni ma anche per le paghe dei nostri dipendenti (in Italia ne abbiamo 8mila circa). La direzione dei prossimi mesi non è positiva, con il problema legato soprattutto al caro bollette, ecco perché chiederemo al prossimo governo di trovare delle soluzioni al problema. Abbiamo fatto un’analisi di quelle che potrebbero essere le politiche abitative future dei prossimi anni (infrastrutture, riqualificazione) e abbiamo stimato che ci vorrebbero circa 5,3 miliardi l’anno. Facendo una proiezione a 15 anni sono 80 miliardi di euro”.

Case popolari, le criticità del Pnrr

I soldi per le case popolari potrebbero arrivare dal Pnrr? Il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe essere l’occasione giusta per definire e mettere in atto le riforme necessarie per “riparare le lacune che nel settore abitativo si sono allargate nel corso dei decenni, dopo il trasferimento di competenze alle regioni, a causa di interventi legislativi sporadici e talvolta ispirati a interessi di brevissimo momento”, afferma la Caritas, calcolando l’arrivo di circa 27,5 miliardi di euro, però, c’è il rischio che il Pnrr sviluppi un “piano senza piano” vista la “totale assenza di definizione dei fabbisogni abitativi nazionali e locali e la mancanza di strumenti giuridici e di pianificazione per l’integrazione dei fattori demografici, sociali e delle connesse funzioni di residenzialità e dei servizi relativi”. In particolare, il piano “frammenta tale tema in misure che sviluppano segmenti di interventi utili, ma non ricomponibili in politiche unitarie”, si legge nel Quaderno sulla ripresa e resilienza del Paese pubblicato dalla Caritas a marzo 2022.

Secondo Riccardo Novacco, presidente di Federcasa, “ci sono tanti fondi che ci sono stati messi a disposizione. Stiamo correndo come dei matti per riuscire ad usufruire dei fondi del Pnrr che ci sono stati concessi. Però – c’è un però che non è proprio una sciocchezza – i prezzi dei materiali hanno registrato una crescita esponenziale. Spenderemo almeno il 30% in più: noi tutti ci chiediamo come faremo ad affrontare la differenza? Il 30% che ci manca o lo mettiamo noi o lo mettiamo noi e non è neanche possibile che facciamo meno lavoro di quanto preventivato. Questo diventa un grossissimo problema per tutte quelle aziende in Italia che non avranno copertura. Questo significherà molto probabilmente per chi non avrà copertura, dover declinare”. “C’è una cosa che il governo deve assolutamente recepire: noi abbiamo bisogno di contributi strutturali – tuona Riccardo Novacco -. Si deve decidere una cifra che nei prossimi 10 anni è certa per permetterci in futuro di fare dei passi certi, in funzione di quello che ci viene dato. Adesso siamo fortunati, c’è il Pnrr, il superbonus, ma questo non andrà avanti tutta la vita, prima o poi finiranno e allora come faremo?”

Pnrr: quanti soldi sono stati stanziati per l’emergenza abitativa

“Il Pnrr non ha posto grande attenzione né dato specifico spazio finanziario agli interventi per incrementare l’offerta abitativa, in particolare a basso costo, tuttavia il documento dedica risorse alla ristrutturazione del patrimonio di edilizia pubblica in condizioni precarie e ricorda la necessità di affrontare le urgenze delle persone senza fissa dimora e lo scandalo dei lavoratori stagionali in agricoltura”, sottolinea la Caritas.

Il totale dei finanziamenti stanziati dal Pnrr per l’emergenza casa è pari a 13,95 miliardi di euro, che con i fondi del Superbonus 110% salgono a 27,5 miliardi di euro, tutti da spendere entro l’anno 2026. In particolare 14 miliardi di euro sono destinati a misure che riguarderanno (in parte) soluzioni abitative, ad esempio:

  • alloggi per studenti (1 miliardo di euro di investimento);
  • alloggi per anziani e disabili (500 milioni di euro per ciascun target);
  • Housing per senza dimora (450 milioni di euro);
  • programmi per l’abitare, piani urbani integrati e progetti di rigenerazione urbana (8,55 miliardi di euro);
  • riuso di beni confiscati alle mafie (300 milioni di euro);
  • superamento di insediamenti abusivi per lavoratori in agricoltura (272 milioni di euro).

Quasi la metà dei fondi stanziati dal Pnrr per la casa e l’efficientamento energetico delle abitazioni riguarda il superbonus 110%, peccato però che secondo alcuni studi “i benefici di questa misura crescano al crescere del reddito: ne beneficeranno infatti in maniera minima i redditi bassi e quelli medi mentre quelli alti ne beneficeranno in maniera notevole”, scrivono sulla rivista La voce gli economisti Valentino Larcinese, Leonzio Rizzo e Riccardo Secomandi.

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