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Caso Eitan Biran, dove vuole stare il bambino? (motivazioni della sentenza)

Pubblicato il 13 Novembre, 2021

Tel Aviv. “La mamma di Eitan ha pubblicato su Facebook un post in cui esprimeva la sua nostalgia per l’Italia e il suo desiderio di tornarci, quando le frontiere erano chiuse per il Covid e lei si trovava In Israele per visitare dei parenti, con queste parole: `La cosa peggiore è che non sappiamo quando potremo tornare´”. Lo scrivono i giudici israeliani, motivando la sentenza che dà ragione alla zia di Eitan Biran. Incombente sul superstite, nonostante il trascorrere dei mesi, la tragedia del Mottarone.

“Ha stretto legami con gli amichetti della sua età”

Si legge inoltre: “Non si può dire che Eitan abbia una doppia residenza, come sostengono i legali del ricorrente. Al contrario, un esame approfondito delle intenzioni dei genitori sulla base delle prove presentate fa pendere la bilancio verso l’Italia. Dagli atti della causa emerge che l’intenzione dei genitori non era quella di tornare in Israele, ma di rimanere in Italia per un periodo indefinito. Eitan è stato istruito in scuole italiane, conosce e parla l’italiano, i parenti dalla parte del padre vivono stabilmente in Italia, ha stretto legami con gli amichetti della sua età“.
E ancora: “è venuto in Israele soltanto per delle viste ai familiari, ma non ha mai frequentato una scuola israeliana e i nonni materni sono venuti a trovarlo in Israele, altro indizio che non è questo il suo luogo di residenza ma è l’Italia“.

Non si può chiedere a Eitan: “dove vuoi vivere?”

Una domanda diretta posta a Eitan “potrebbe danneggiarlo”. Nessuna audizione, dunque: “Le questioni giudiziarie sono importanti, ma l’audizione di un minore dipende dall’età, dalla maturità, dalla capacità di formulare una posizione indipendente“.

Secondo i magistrati, è possibile sentire i minori “tra i nove e i 13 anni e mezzo, mentre di fronte a noi c’è un minore di sei anni che è rimasto gravemente ferito in un incidente e si è trovato coinvolto in una feroce lotta tra due rami della sua famiglia, dopo essere stato portato via dal suo luogo di residenza abituale mentre riceveva le cure mediche”.

Dovranno esprimersi anche i giudici italiani: i magistrati di Tel Aviv confermano che sia necessario il ritorno del bambino in Italia. Ragionano in base alla Convenzione dell’Aya, che Shmuhel Peleg “ha violato” sottraendolo alla zia tutrice.

I giudici concludono così: “Non c’è dubbio che il rientro del minore in Italia comporterà la separazione dai nonni. Si tratta comunque di una situazione temporanea, perché delle loro pretese terrà conto il tribunale in Italia, che discuterà la questione della tutela e dell’affidamento al di fuori della Convenzione dell’Aya e di dove crescerà e vivrà stabilmente” (fonte: Agi).

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