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Caso Sara Pedri, la ginecologa scomparsa, assolti il primario e la vice: “Il fatto non sussiste”. Ma permane il mistero

Pubblicato il 31 Gennaio 2025

Sono stati assolti dal gup del Tribunale di Trento Marco Tamburrino con formula piena, perché il fatto non sussiste, l’ex primario dell’ospedale Santa Chiara Saverio Tateo e la sua vice Liliana Mereu, accusati di maltrattamenti in corso e in continuazione nei confronti del personale, vale a dire 21 persone tra medici, infermieri e ostetriche. Tra queste persone rientrava anche Sara Pedri, ginecologa originaria di Forlì scomparsa misteriosamente nel marzo del 2021.

Il caso Sara Pedri avvolto nel mistero

Tutto ruota intorno alla vicenda di Sara Pedri, ginecologa scomparsa misteriosamente il 4 marzo del 2021. L’ipotesi è che sia buttata nel lago di Santa Giustina, nei pressi del quale è stata rinvenuta la sua auto, ma del suo corpo ancora nessuna traccia. Secondo una parte del personale in ospedale si respirava un’aria pesante e oppressiva, a causa di Tateo e della sua vice Mereu, che sono stati però assolti dalle accuse di maltrattamenti continuati e in concorso. La Procura invece aveva chiesto la condanna per entrambi a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione.

Sara Pedri si era dimessa dall’azienda sanitaria di Trento il giorno prima della sua scomparsa, che i familiari attribuirono proprio alle presunte vessazioni e maltrattamenti subiti dall’ex primario dell’ospedale e dalla sua vice. In un post su Facebook la sorella Emanuela aveva scritto che Sara era sempre stata una ragazza solare e sorridente, ma aveva perso quel sorriso proprio da quando aveva cominciato a lavorare in quell’ospedale. La Procura di Trento aveva deciso di aprire le indagini dopo altre testimonianze del personale.

La reazione degli avvocati

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni, ma intanto l’avvocato della dottoressa Liliana Merei ha espresso la sua soddisfazione per l’assoluzione piena della sua assistita. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il legale di Tateo, convinto che l’innocenza del suo assistito sarebbe venuta a galla.

Di umore contrario invece l’avvocato delle sette lavoratrici che si sono costituite parte civile, che ha puntato il dito contro l’assenza di un meccanismo in grado di valutare l’effettiva responsabilità degli imputati rispetto al reato contestato, evidenziando come manchi nell’ordinamento italiano un reato che si occupi specificamente di mobbing. Resta vivo il mistero di che fine abbia fatto Sara Pedri e ancora non è stato chiarito se è ancora viva né tanto meno dove possa essere.

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