Pubblicato il 17 Agosto, 2022
Lo dimostrano gli esperimenti su modelli animali condotti al Salk Institute, negli Stati Uniti.
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Cell Reports, potrebbero aprire la strada a nuove terapie per trattare i disturbi legati alla paura come nel caso della sindrome post-traumatica da stress, oppure i disturbi dovuti a ipersensibilità come autismo, emicrania e fibromialgia.
La maggior parte delle minacce del mondo esterno possono essere percepite in maniera multisensoriale: in caso di incendio, per esempio, si vedono le fiamme, si sente il calore e l’odore di bruciato.
Studi precedenti avevano dimostrato che questi segnali giungono in diverse aree del cervello mediante percorsi differenti e indipendenti fra loro: un unico circuito capace di integrarli sarebbe stato sicuramente utile alla sopravvivenza, ma finora nessuno lo aveva trovato.
I ricercatori del Salk Institute ci sono riusciti misurando nei topi l’attività di singoli neuroni che si trovano in regioni del talamo e del tronco encefalico dove abbonda una molecola legata all’avversione, il cosiddetto peptide correlato al gene della calcitonina (Cgrp). Usando proteine fluorescenti, hanno ricostruito i percorsi che portano gli stimoli sensoriali negativi fino all’amigdala: sono due circuiti distinti, entrambi necessari per formare ricordi che tengano lontani dai pericoli.
I ricercatori intendono verificare se questi percorsi neuronali abbiano un ruolo nelle malattie che implicano anomalie nell’elaborazione di stimoli multisensoriali, come nel caso dell’emicrania, della sindrome post-traumatica da stress e nei disturbi dello spettro autistico.