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Cesare Battisti

Cesare Battisti si lamenta del carcere e scrive quel che vuole in un manoscritto

Pubblicato il 23 Marzo 2023

Diritto alla palestra e al “telecomando libero”. Ma non basta: ritiene che gli siano dovuti anche il quarto di vino e la birra a pasto.

E’ messo nero su bianco nel manoscritto di tre pagine firmato dall’ex terrorista Cesare Battisti il 17 marzo e reso noto dall’ Agi.

L’ex militante dei Pac (Proletari armati per il comunismo), condannato all’ergastolo per due omicidi, chiede insomma “condizioni di vita più umane”. E lo fa denunciando quelle che a suo modo di vedere sono “intollerabili condizioni” a cui sarebbe sottoposto nel carcere di Parma.

Dopo una latitanza di 37 anni tra Francia e Brasile, Cesare Battisti è stato catturato in Bolivia a inizio 2019 e subito rientrato in Italia. Non è sottoposto al 41 bis, il regime di carcere duro, né a quello di Alta sicurezza. Questo però non lo trattiene dalla sua battaglia per avere migliori condizioni di vita in carcere. Tra cui, appunto, ha inserito il diritto al quartino di vino: “Quella era la dose giornaliera che mi veniva garantita anche quando era stato rinchiuso nel circuito ad Alta sicurezza”.

L’elenco delle lamentele e dei diritti rivendicati è lungo. 

La palestra e il telecomando libero; otto ore di colloquio mensili con i figli minori; la chiamata telefonica libera e illimitata agli avvocati difensori; l’ accesso e la permanenza in biblioteca e la sala hobby. 

Battisti deplora di essere privato del “fondamentale” uso di strumenti tecnologici. Un trauma per lui che considera il computer “strumento di lavoro come scrittore ed editor di Artisti dentro” e anche “l’unico mezzo per mantenere un equilibrio psichico in circostanza tanto avverse”.

Scrive: “Mi è negata la presa elettrica in cella per uso del computer, la luce notturna per lettura o scrittura, fotocopie e stampanti”.

Nel manoscritto l’ex terrorista punta il dito: “Questa amministrazione penitenziaria o alcuni membri di essa direi che abbiano fatto di tutto per farmi rimpiangere l’Alta sicurezza (…) fin dal mio arrivo ci son state ostilità ingiustificate e atti di boicottaggio perfino nella ricarica delle scheda telefonica. Il clima restrittivo dove l’abuso è ormai di norma va ben oltre la persecuzione. Mi è negata l’intimità perfino in bagno durante i bisogni”.

Il documento è datato 17 marzo. Ma già dieci giorni prima, il 7 marzo, l’ex militante dei Pac, sempre in un foglio manoscritto di tre pagine letto dall’Agi, aveva anticipato le accuse presentando un reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Emilia (per accertare eventuali ipotesi di reato) in cui denunciava “un’aggressione fisica e verbale” di alcuni agenti della polizia penitenziaria del carcere di Parma, che si sarebbero resi responsabili del “danneggiamento di oggetti personali, tra cui il computer”. Il tutto, secondo la percezione del detenuto, “nel disegno di un’accanita persecuzione”.