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Cus Catania

“Cus Catania, dove l’ingiustizia è di casa”: la denuncia di un’atleta

Pubblicato il 10 Febbraio, 2022

“Eroica Rosanna Parisi con un dito rotto gareggia e sfiora la medaglia ai campionati italiani di Varese”. Così si celebrava l’impresa della canottiera giarrese, centro della provincia etnea. Ma quel dito rotto nascondeva una vicenda clamorosa, che Rosanna ha deciso di rendere pubblica “Per far sì che episodi come questi non succedano più, soprattutto in una realtà tanto grande come il Cus che si vanta di avere dei valori che, ahimè, non esistono e quello che hanno sono totalmente lontani da qualunque etica sportiva e umana”.

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“Cus Catania, dove l’ingiustizia è di casa”, comincia così lo sfogo di Rosanna.

È un pomeriggio del 29 Settembre 2020, mi trovo al porto di Catania presso l’impianto remiero del Cus Catania mentre svolgo i miei quotidiani allenamenti di canottaggio. Sto preparando il singolo per i Campionati Italiani, una delle gare più importanti per un atleta. Finito l’allenamento in barca rientro al pontile e mi adopero ad aiutare un ragazzino neofita ad effettuare la manovra di risalita dal pontile con l’imbarcazione. Improvvisamente si sentono delle urla e degli insulti; è l’allenatrice della Canoa (con la quale condividiamo la struttura) che inveisce contro di noi intimandoci di sbrigarci e togliere immediatamente la barca dal pontile perché deve uscire con la canoa (che è già in acqua e ha lo spazio per salirci). Dico ai ragazzi di sbrigarci e togliamo subito la barca dall’acqua, ma le urla e gli insulti dell’allenatrice non cessano. Le posso accanto e con un filo di voce dico: “guarda che ce ne siamo andati, il pontile è vuoto, puoi andare.” Da qui, vengo aggredita e insultata verbalmente. Rispondo ribadendo che il pontile era vuoto e il suo comportamento era fuori luogo”, racconta tutto d’un fiato.

A questo punto lei mi spinge, mettendomi quindi le mani addosso. In una frazione di secondo mi ritrovo suo marito, che è il custode dell’impianto, che mi blocca. Lei coglie l’occasione dell’intervento del marito per prendermi la mano e girarmi il dito all’indietro. Ci separano, lei che non è stata neanche sfiorata, sale immediatamente sulla canoa e si allontana. Torno nello spogliatoio – continua – La mia mano è gonfia, non riesco a chiudere il dito. Capisco subito che c’è qualcosa che non va. Il dolore non passa, decido quindi di fare una radiografia. L’esito è: frattura traumatica della testa metacarpale del secondo dito della mano destra“.

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“Mancano 10 giorni ai campionati Italiani. Io dovrò portare la stecca per 25 giorni. Avverto subito il dirigente della mia sezione canottaggio che è anche responsabile dell’impianto oltre ad essere vicepresidente e tesoriere del Cus dell’esito della radiografia e chiedo di prendere provvedimenti per l’accaduto e di incontrare il Presidente del Cus Luigi Mazzone. Mi dicono di aspettare. Nel frattempo l’allenatrice continua a svolgere la sua attività come se nulla fosse successo. Arriva il giorno della gara. Una gara troppo importante per non giocarmela fino alla fine. Mi tolgo la stecca e salgo in barca. Faccio il singolo. Riesco a malapena a tenere il remo in mano. Combatto contro il dolore per 1990m. Sono terza. Vedo finalmente il traguardo. Mancano 10m, la mano non regge più. Mi si addormenta, perdo il remo e rischio di finire in acqua. Cerco di riprendermi e chiudo in 4 posizione a soli 3 decimi dal bronzo. Inutile spiegare lo stato d’animo mio e del mio allenatore“, Rosanna rivive con amarezza quei momenti.

Cus Catania
Rosanna Basile e l’allenatore Diego D’Arrigo a Varese

“Rientro a Catania, vado al porto e il custode non mi fa entrare comunicandomi che il Consiglio direttivo del Cus ha deciso di punirmi con una settimana di interdizione da l’impianto. Anche per l’allenatrice la stessa punizione. Però a lei il Presidente Mazzone nel comunicarglielo le dice pubblicamente Mi dispiace, purtroppo ti è andata di sfiga, sto giro è andata così. A questo punto, profondamente umiliata, chiedo nuovamente un incontro con Mazzone, mi viene risposto che il presidente ha questioni più importante a cui pensare. Mi viene concesso un incontro a tre con la allenatrice e la segretaria del presidente, che mi liquida dicendo Eh beh, Giuliana è più grande di te, ed è un’allenatrice, per rispetto non dovevi permetterti di risponderle, quindi te lo sei meritato. Esco dall’incontro sempre più disgustata e consapevole che né il Dirigente di sezione né il Presidente del Cus né la sua segretaria né il Consiglio direttivo mi avrebbero tutelata, anzi”, dettaglia ancora.

Decido quindi di procedere per vie legali contro chi mi ha aggredito e fratturato un dito. A distanza di un anno, le forze dell’ordine comunicano la chiusura delle indagini all’allenatrice. Quest’ultima avvisa i dirigenti del Cus, i quali dichiarano pubblicamente e mi fanno sapere che per il quieto vivere è meglio che io ritiri la denuncia. Proposta che, ovviamente, non ho accolto. Decisione che irrita profondamente i dirigenti: a dimostrazione di ciò mi viene chiesto di pagare il mese di agosto, mese in cui la sezione canottaggio è rimasta chiusa, e il mese di ottobre, periodo in cui non si è svolta l’attività in quanto sia io che il mio allenatore eravamo positivi al Covid, mentre a tutti gli altri tesserati è stato defalcato il mese. La mia avventura con il Cus Catania finisce così. Ho subìto dei torti che in un un ambiente sportivo non dovrebbero esistere. Non ho parole per descrivere il comportamento subito e spero che la mia battaglia, che combatto pure per chi crede veramente nei valori sportivi”, conclude.

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