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I Dpi discriminano le donne in prima linea negli ospedali

Pubblicato il 21 Febbraio, 2022

La maggior parte dei dispositivi di protezione individuale è stata progettata per adattarsi agli uomini europei o statunitensi nonostante le donne costituiscano circa il 90% della forza lavoro sanitaria, e siano state in prima linea durante la pandemia. A delineare il desolante quadro è la no profit Women in Global Health con un sondaggio su circa 900 operatrici sanitarie di 59 Paesi.

Abiti non tagliati per aderire alle forme del seno e dei fianchi delle donne, maschere mal aderenti che causano tagli o piaghe al viso, occhiali e camici troppo grandi, con conseguenti rischi nella protezione, di cadute e movimenti goffi e alterati: le donne hanno riferito anche che i camici e i Dpi obbligatori sono ostacoli all’uso del bagno o al cambio degli assorbenti durante il ciclo mestruale. Solo l’11% delle intervistate ha affermato di poter sempre usare il bagno quando necessario.

Lo studio ha individuato anche un altro atteggiamento discriminatorio nei confronti di diverse etnie: le donne che lavorano in climi caldi, in particolare in Asia e Africa, hanno riferito che i Dpi hanno causato surriscaldamento, svenimento o disidratazione.

Anche in Paesi così come il Regno Unito, dove i test di adattamento dei Dpi sono di routine, le intervistate hanno riferito che le maschere non si adattavano adeguatamente, in particolare le non bianche. Anche quante indossavano foulard o acconciature più grandi hanno segnalato difficoltà a trovare maschere adatte.

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