Pubblicato il 20 Luglio, 2022
Così Mario Draghi.
Il premier arriva con qualche minuto di ritardo nell’Aula del Senato. Parla per mezz’ora, alza anche la voce nei passaggi cruciali di un discorso che rivendica, da un lato, i risultati ottenuti proprio grazie alle forze politiche. Quando hanno lavorato “nell’interesse del Paese”.
Ma dall’altro pone paletti chiari perché si possa proseguire con il Governo di “unità nazionale” che fin qui ha garantito “la legittimità democratica” dell’esecutivo e la sua “efficacia”.
E l’unica strada per andare avanti, sottolinea con forza, “è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità”.
Le dimissioni, insomma, restano ancora sul tavolo se alla fine della giornata non arriveranno quelle risposte dai partiti attese invano nei 5 giorni della crisi congelata da Sergio Mattarella con l’invito ad andare alle Camere che “oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta”.
Certo, apre all’autonomia, alla riforma delle pensioni, ai miglioramenti al reddito di cittadinanza, al mantenere fermi gli obiettivi di transizione energetica, alla risoluzione delle criticità sul Superbonus. Che però, insieme agli altri sconti edilizi, va reso “meno generoso”.
E poi, incalza, non si può chiedere la sicurezza energetica per gli italiani e al tempo stesso “protestare” contro i rigassificatori. Non si possono sostenere le riforme e poi dare la sponda alla piazza, come nel caso dei taxi.
Bisogna continuare ad armare l’Ucraina perché resta l’unico modo “per aiutare gli ucraini a difendersi”.
Ora la parola ai partiti, con molte incognite e preoccupazioni soprattutto sulle decisioni che potranno assumere Lega e M5S.