Pubblicato il 23 Maggio 2025
Sparatoria contro diplomatici israeliani davanti al museo ebraico
Nella foto: le vittime della sparatoria
Elias Rodriguez, trentenne residente a Chicago, è al centro di un caso che scuote la comunità internazionale. L’uomo ha ucciso due membri dell’ambasciata israeliana a Washington, aprendo il fuoco mentre si trovavano all’esterno del museo ebraico. Subito dopo, avrebbe confessato il crimine gridando: “Palestina libera”.
Rodriguez è ora formalmente accusato di omicidio di primo grado, uccisione di funzionari stranieri e uso di arma da fuoco durante un crimine violento. Il gesto, che le autorità non esitano a definire premeditato e motivato ideologicamente, potrebbe costargli la pena capitale.
Il drammatico attacco e l’arresto
Secondo le ricostruzioni, Rodriguez ha colpito mortalmente Sarah Milgrim e Yaron Lischinsky, due giovani diplomatici israeliani che uscivano da un evento. Subito dopo si è introdotto nel museo, fingendosi testimone dell’accaduto. Ma quando è giunta la polizia, ha ammesso le proprie responsabilità senza opporre resistenza.
Allarme antisemitismo in crescita
L’episodio ha riacceso l’allerta internazionale su una possibile ondata di antisemitismo. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha puntato il dito contro alcuni governi europei, accusandoli di fomentare l’odio contro gli ebrei. Le autorità in tutto il mondo, Italia compresa, hanno alzato i livelli di sicurezza per scongiurare azioni emulative.
Il profilo di Elias Rodriguez: un passato insospettabile
Rodriguez, laureato all’Università di Chicago, lavorava dal 2004 per l’American Osteopathic Association. Abitava ad Albany Park, quartiere multietnico di Chicago. Due manifesti erano appesi alla finestra del suo appartamento: uno chiedeva “Giustizia per Wadea”, il bimbo palestinese-americano ucciso nel 2023; l’altro recitava: “Tikkun Olam significa Palestina libera”, una frase che mescola concetti ebraici e sostegno alla causa palestinese.
Un attivismo crescente e controverso
Negli ultimi anni, Rodriguez aveva partecipato a manifestazioni pro-Palestina e pubblicato contenuti politici online. In un post su X (ex Twitter), scriveva: “Le atrocità commesse dagli israeliani contro i palestinesi sfidano descrizioni e quantificazioni”. In un altro post, dal tono ideologico e ambiguo, si leggeva: “Un’azione armata non è necessariamente un’azione militare”.
Chi erano le vittime: Sarah Milgrim e Yaron Lischinsky
Una giovane coppia unita da carriera e amore
Yaron Lischinsky, 30 anni, e Sarah Milgrim, 26, erano colleghi all’ambasciata e anche fidanzati. A soli quattro giorni da un viaggio in Israele in cui Yaron avrebbe chiesto la mano di Sarah, la loro vita è stata spezzata dalla violenza.
Yaron era nato in Germania, cresciuto a Norimberga, e poi emigrato in Israele. Parlava quattro lingue ed era un appassionato sostenitore dei processi di pace con i Paesi arabi. Aveva studiato relazioni internazionali e diplomazia, e scriveva per il Israel Times.
Sarah, originaria del Kansas, si era trasferita a Washington per studiare affari internazionali. Parlava inglese, ebraico e cinese, e aveva vissuto esperienze formative in Costa Rica e a Tel Aviv, dove aveva lavorato con un’organizzazione per la pace.
La reazione del governo israeliano
La risposta di Israele è stata veemente. Netanyahu ha denunciato “la propaganda palestinese” sostenendo che l’attacco è frutto dell’incitamento all’odio da parte dei leader europei. Gideon Sa’ar, ministro degli Esteri, ha dichiarato che “questo è il prezzo dell’incitamento tossico”. Amichai Chikli, ministro della Diaspora, ha fatto nomi espliciti: Macron, Starmer, Carney.
Le risposte di Francia, Regno Unito e Canada
Non si è fatta attendere la replica dei governi chiamati in causa. Il ministero degli Esteri francese ha definito le accuse “oltraggiose e ingiustificate”, mentre Keir Starmer, premier britannico, ha preferito non entrare in polemica, limitandosi a condannare l’antisemitismo. Anche il premier canadese ha definito l’attacco frutto di “odio intollerabile”.
Donald Trump si schiera con Israele
In serata, l’ex presidente USA Donald Trump ha chiamato Netanyahu, esprimendo pieno sostegno agli obiettivi del governo israeliano: liberazione degli ostaggi, eliminazione di Hamas e attuazione del Piano Trump.
Netanyahu: “Gaza non è uno Stato, è una base del terrore”
In un ulteriore intervento, Netanyahu ha accusato Hamas di non voler uno Stato palestinese, ma di voler distruggere Israele. Ha ricordato che Gaza è uno Stato de facto dal 2005, ma anziché la pace, ha prodotto il più feroce massacro di ebrei dal dopoguerra.

