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I giorni che sconvolsero l'Europa dell'est: il primo viaggio di papa Wojtyla in Polonia

I giorni che sconvolsero l’Europa dell’est: il primo viaggio di papa Wojtyla in Polonia

I giorni che sconvolsero l’Europa dell’est. Il primo viaggio di Wojtyla in Polonia, da papa, nel giugno 1979, fu un evento: l’Europa era ancora divisa in due parti. Il vaticanista del quotidiano Il Popolo Mario Narducci, nato a L’Aquila, classe 1938, per più di un decennio ha seguito Papa Giovanni Paolo II nei suoi viaggi. I suoi articoli sono parte della memoria storica mondiale. Ha raccolto in un testo quanto concerne questo “viaggio di ritorno” del pontefice nella sua Polonia. Il volumetto conta 123 pagine ed è stato pubblicato da Iaed edizioni, in luglio. Abbiamo raggiunto e intervistato l’autore. Queste le sue parole.

Parliamo dell’uomo Karol. “Questo Papa non è stato in seminario da piccolo, come in uso allora, ma da adulto: aveva già maturato esperienze di vita. Era stato attore in un gruppo di Avanguardia. Ricevuta la Chiamata, aveva continuato a frequentare persone, come prima.”
Il suo messaggio non si fermò entro i confini del Cristianesimo. Che cosa fece? “Fu il primo papa in assoluto a fare visita a una sinagoga, in 2000 anni di storia della Chiesa. Chiamava gli Ebrei ‘nostri fratelli maggiori’. Del resto, il Vecchio testamento è seguito da entrambe le religioni. Karol era cresciuto con molti esponenti della religione ebraica, presenti nel Ghetto di Cracovia: era questa la sua diocesi di origine (fu nominato arcivescovo di Cracovia il 13 gennaio 1964 da papa Paolo VI). Da Papa rivolse loro gesti di affetto e riconoscenza, riceveva visite in Roma dai vecchi amici. Nella preghiera ecumenica, ad Assisi, tutte le religioni del mondo, non soltanto quelle cristiane, hanno partecipato manifestando l’anelito a un unico Dio“. Una figura di pontefice contrario a ogni totalitarismo? “Da ragazzo, Karol aveva visto le persecuzioni. Il Papa era contrario a ogni dittatura: di sinistra, come di destra, e lo ha dimostrato. Riconobbe nel nazismo un grande male, del quale aveva immediatamente presente la malvagità. Raccontiamo una storia: quella di Massimiliano Kolbe, un francescano conventuale, morto per salvare Francesco Gajowniczek, che diversamente sarebbe stato fucilato al suo posto. Questi, piangendo, aveva detto di avere una famiglia a casa che lo aspettava e il francescano diede la sua vita. Ad Auschwitz era fuggito un internato e in dieci dovevano pagare per la sua fuga. Kolbe era beato quando Wojtyla divenne Pontefice: fu lui a farlo santo. Questo papa pregò nel campo di sterminio sul muro delle fucilazioni, presso le celle e presso i forni crematori. Francesco Gajowniczek fu presente alla sua visita in Polonia.

Lech Walesa, creatore di Solidarnosc, con la sua idea di libertà operaia, era amico di Wojtyla. Questi lo incontrò nel primo viaggio in Polonia; nel corso del secondo viaggio l’incontro fu difficile da ottenere: si tenne poi sui Monti Tatra, al confine tra Polonia e Slovacchia. Ad Auschwitz il Pontefice condannò in generale le ideologie nelle quali ‘i diritti dell’uomo sono completamente sottomessi alle esigenze del sistema, così da non esistere di fatto’. “
E’ sempre stata garantita la libertà di religione? “La Chiesa di Nowa Huta è interessante da ricordare: le autorità comuniste ne negarono la costruzione e seguirono sommmosse. Era il 1957 quando fu installata una croce di legno nel luogo in cui si voleva costruire la chiesa, per protesta”.
Ci sono altre storie di dissidenti dalla mente aperta legati alla figura di San Giovanni Paolo II, prima ancora che fosse ritenuto tale? “Il primate di Polonia Stefan Wyszyński, dal canto suo, fu perseguitato e recluso dal regime comunista di Stalin: Profetizzò a Karol che avrebbe introdotto la Chiesa nel III millennio. Wojtyla divenne papa a 58 anni: ha fatto storia la foto dell’abbraccio tra i due personaggi. Quello di Giovanni Paolo II fu il terzo pontificato più lungo della storia, dopo Pietro e Pio IX”.
Perché il viaggio fu osteggiato? “A Paolo VI, per esempio, fu vietata la visita. Giovanni Paolo II aveva un passaporto polacco. Cercarono in tutti i modi di impedirne l’arrivo, ma il religioso ha preteso di tornare in patria: si determinò un differimento, di qualche mese. L’apparato comunista polacco e quello sovietico temevano il viaggio, per ragioni legate alla partecipazione di popolo che il carisma del Pontefice poteva creare. Una figura, quella di Wojtyla, magnetica per le folle. Ho, scolpita nella memoria, la serenata sotto il balcone dell’Episcopio, con il Papa affacciato fino a Mezzanotte, finché questi non invitò tutti ad andare a dormire. E’ tutto nelle cronache che ho potuto redigere in quei giorni. Gli articoli non hanno subito variazioni, né integrazioni: mantengono intatto il pathos del momento. Tutto un viaggio, narrato in presa diretta: si trattò di un’analisi del presente, da analizzare rispetto al futuro della Chiesa e del mondo. ‘Non si può togliere Cristo dalla storia e dal lavoro’, disse il Pontefice. Fu sfondato il muro che volevano creare nei suoi confronti. Si attuò un movimento di popolo: aspettato, ma non voluto dal Governo. Hanno cercato di allontanare la gente, le auto furono fatte parcheggiare lontano dal luogo dell’incontro: ma il popolo si fece vedere e sentire. Adam Mickiewicz era un poeta romantico, simbolo della ribellione: intorno alla sua statua, fu fatto un girotondo. Fu issata dagli studenti, sul monumento, la bandiera del Vaticano”.
Che cosa dire, infine? “Non bisogna dimenticare il rapporto di questo Papa con i Giovani: istituì le Giornate mondiali. Si tratta di eventi itineranti, cui partecipano ragazzi dai vari Paesi del mondo. Karol aveva con la gioventù una corrispondenza affettuosa e intima, destinata ad avere un futuro. E ancora: per Wojtyla il corpo è sacro, non bisogna condannarlo. Dedicò l’udienza del mercoledì all’amore sponsale, alla teologia del corpo. Nessuno prima lo aveva chiarito così bene, la condanna del corpo fa parte di un cristianesimo sorpassato“.

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