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Il referendum sul taglio dei parlamentari scuote i partiti, incertezze crescenti nel Pd e in Forza Italia

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Roma – Il 20 e il 21 settembre gli italiani saranno chiamati ad esprimere il loro voto sulla modifica degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, che riguarda la riduzione del numero dei parlamentari. Alla camera i seggi scenderebbero da 630 a 400, al Senato da 315 a 200. Il taglio dei parlamentari si espanderebbe ai seggi assegnati in quota estero: alla Camera i seggi scenderebbero da 12 ad 8 ed al Senato da 6 a 4. La riforma è stata approvata in Parlamento ad ottobre scorso, ma il voto favorevole non ha raggiunto i 2/3 dell’assemblea e per quella ragione è stato necessario ricorrere all’istituto del referendum confermativo che sarà comunque valido, a prescindere dal numero di elettori che si recheranno alle urne.

Il referendum era stato fissato per il 29 marzo, ma l’emergenza sanitaria costrinse il governo ad annullare quella data, poi nuovamente fissata per il 20 e 21 settembre per accorpare negli stessi giorni anche le elezioni regionali ed amministrative. In passato solo tre volte è stato utilizzato il referendum confermativo: nel 2001 relativamente alla riforma del titolo quinto della Costituzione, nel 2006 con la riforma promossa dal centrodestra e nel 2016 relativamente all’iniziativa assunta dal centrosinistra.

Il taglio dei parlamentari è stato proposto dal Movimento 5 Stelle ed approvato da quasi tutti i partiti, da sinistra a destra, ma a distanza di dieci mesi il quadro è in rapida evoluzione. Lega e Fratelli d’Italia sembrano confermare il sì, mentre Forza Italia, trascinata da Renato Brunetta, inizia a contare i no al posto dei sì.

Nel Partito democratico regna il caos, ad inizio settembre dovrebbe tenersi la riunione della direzione nazionale per decidere la linea da seguire con il segretario nazionale, Nicola Zingaretti, che è orientato verso il sì, a condizione che si discuta di nuova legge elettorale proporzionale con lo sbarramento al 5 percento, mentre Tommaso Nannicini, Matteo Orfini, Gianni Cuperlo, Stefano Ceccanti e Giorgio Gori, con motivazioni anche diverse, sono per il no.

Nelle ultime ore sembra che anche nel Movimento 5 Stelle inizi ad aprirsi qualche falla: il senatore Elisa Siragusa, per esempio, pare abbia deciso di votare contro il taglio dei parlamentari. Che il clima sia teso lo dimostra il senso dell’intervento sviluppato al meeting di Rimini dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che – a proposito del referendum – ha chiarito che si tratta di avviare un percorso di rinnovamento dei meccanismi costituzionali, quasi a voler rassicurare che le posizioni degli scettici saranno prese in considerazione in un secondo momento.

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Redazione Nazionale

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