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Maltrattata perché lesbica, il giudice condanna a tre mesi caporeparto della Lidl

La dipendente di un supermercato Lidl ha presentato la denuncia dopo il licenziamento fatto nei suoi confronti per una presunta giusta causa.

Pubblicato il 21 Giugno, 2022

Un nuovo caso di omofobia viene da Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, dove una dipendente di un supermercato Lidl ha subito per molto tempo delle angherie sul luogo di lavoro in quanto lesbica.

Le angherie in 10 anni di lavoro alla Lidl

Sara Silvestrini, 42 anni, questo il nome della dipendente, aveva lavorato per 10 anni come magazziniera al supermercato Lidl di Massa Lombarda e veniva sottoposta a vari maltrattamenti sul luogo di lavoro: turni di notte imposti anche se non previsti dal contratto, chiamate a qualsiasi ora, rimproveri plateali e ingiustificati e battute a sfondo sessuale. La relazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona ha parlato di “Disturbo post traumatico da stress cronico reattivo a una condizione lavorativa che può essere inquadrata nelle molestie morali protratte”. Nel 2014 cominciò a stare male rimanendo a casa per quasi e nel 2015, poco dopo il suo ritorno, viene licenziata con la dicitura “giusta causa”.

La vittoria in sede legale

Così Sara ha trovato il coraggio di denunciare il tutto all’avvocato Alfonso Gaudenzi e adesso dopo sette anni il suo capro espiatorio, il caporeparto del supermercato Emanuel Dante, è stato condannato dal giudice a tre mesi, mentre sono arrivati 500 euro di multa per i dirigenti Lidl Pietro Rocchi, Emiliano Brunetti e Claudio Amatori. La Lidl invece è stata condannata in quanto responsabile civile e per Sara sono stati riconosciuti 30mila euro di provvisionale e in sede civile ci saranno i danni da stabilire assieme a Federica, la compagna si Sara che aveva notato il suo disagio psicologico.

Il caporeparto e la molestia in una notte

Come abbiamo già detto il caporeparto del supermercato Lidl era il capro espiatorio, in quanto, malgrado lei avesse presentato un certificato medico che la dichiarava inabile a sollevare pesi e il contratto non prevedesse il notturno, la faceva lavorare in particolar modo durante la notte, con 38 ore ordinarie più 39 extra. Oltre a ciò vi erano anche telefonate e messaggi a qualsiasi ora e strattoni, insulti e battute a sfondo sessista, con una molestia di un camionista durante la notte. La donna ha avuto una liberazione e ha sottolineato come abbia cercato di restare lucida e di non commettere errori nonostante le tante provocazioni. Adesso la palla passa al Centro per L’impiego per l’eliminazione della dicitura “giusta causa” dalla lettera di licenziamento che potrebbe causarle dei problemi per la ricerca di una nuova occupazione.

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