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Iperattività e vivacità dei bambini, quali sono le differenze e come comportarsi

Iperattività e vivacità possono avere tratti in comune, ma esistono delle differenze importanti. Scopriamole con l’aiuto di una professionista.

Pubblicato il 6 Settembre, 2020

L’anno scolastico è ormai alle porte e molti genitori ed insegnanti si ritroveranno a dover gestire bambini particolarmente energici che faticano a stare composti e seduti per 5 ore in un banco di scuola. Questi bambini vengono definiti troppo precipitosamente “iperattivi”, ma oggi si fa molta confusione tra vivacità ed iperattività. Con l’aiuto della dottoressa e psicologa Rosa Perfido proviamo a spiegare le differenze.

Che differenza c’è tra bambini vivaci e bambini iperattivi?

“I bambini vivaci sono quelli affascinati e stimolati dall’ambiente circostante, devono esplorarlo con tutti i mezzi che hanno a disposizione per conoscerlo. Quindi mani, occhi ed orecchie sono sempre in allerta ed in continuo “movimento”. Bambino vispo è sinonimo di carattere vivace e allegro che però sa ascoltare e quindi fermarsi quando glielo viene chiesto.

I bambini iperattivi, invece, hanno una caratteristica fondamentale: non hanno consapevolezza dello “stop” e non riescono a regolare e disciplinare la propria dinamicità.

Con l’acronimo ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) o DDAI si identifica il Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività. Secondo il DSM V (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) per poter stabilire una diagnosi di ADHD devono coesistere 3 manifestazioni importanti: disattenzione, impulsività e iperattività”.

Come si palesano?

“Fondamentalmente in 5 modi:

  • difficoltà nel mantenere l’attenzione su un compito o su un gioco anche per un breve lasso di tempo;
  • difficoltà a controllare l’impulso ad agire (mancata consapevolezza dello “stop”);
  • difficoltà a regolare le energie e le attività: il bambino inizia con enfasi un’attività e non la porta a termine;
  • difficoltà a ricordare e rispettare le regole, anche dei giochi;
  • il movimento è poco preciso, poco controllato e poco stabile.

Tali difficoltà si palesano ovunque: a casa, a scuola, in un parco ecc.”

Da cosa è causato il DDAI?

“L’origine del disturbo non è assolutamente educativa, non è questione di cattiva educazione o di mancanza di regole in casa, ma è causato da disfunzioni neurobiologiche: si ha un cattivo funzionamento e scarsa modulazione dei neurotrasmettitori del Sistema Nervoso Centrale”.

Chi fa la diagnosi di DDAI e come si interviene?

“L’ADHD è una sindrome che va diagnosticata solitamente entro i sette anni di età. Il pediatra o i genitori stessi, con un’attenta osservazione, possono appurare che determinati comportamenti non rientrano nella normalità, come essere eccessivamente impulsivi o poco concentrati. Il neuropsichiatra infantile, specializzato nei disturbi dell’età evolutiva, può togliere qualsiasi dubbio: somministrando dei test specifici potrà valutare se è il caso di diagnosticare la sindrome ADHD.

Nel caso in cui venga confermata la diagnosi, è importante supportare il bambino con attività di psicomotricità che possono insegnare a gestire al meglio comportamenti ed emozioni. Si interverrà, dunque, sull’aumento della durata dell’attenzione, sul controllo dell’impulsività, sulla consapevolezza delle proprie difficoltà e sull’apprendimento di strategie.

Il percorso previsto deve coinvolgere il bambino e i genitori, infatti è scientificamente dimostrata l’efficacia del Parent Training: un ciclo di incontri per acquisire nuove modalità educative e di gestione dell’ADHD.
È bene essere chiari: gli iter sono lunghi e non eliminano il disturbo ma sicuramente lo attenuano. Spesso vengono coinvolti anche gli educatori per insegnare loro adeguate strategie comportamentali utili da mettere in atto in campo scolastico”.

Che consiglio possiamo dare a genitori ed insegnanti?

Genitori e insegnanti diventano le due figure portanti per mettere in pratica alcuni piccoli metodi educativi utili. Posso consigliare di:

  • essere rassicuranti e punto di riferimento per qualsiasi difficoltà o dubbio;
  • giocare insieme coinvolgendo il gruppo classe o tutta la famiglia, scegliendo un’attività e portandola a termine;
  • essere precisi e concordare poche e semplici regole;
  • premiare anche piccoli comportamenti positivi (rinforzo);
  • definire in modo chiaro quali comportamenti negativi vanno evitati ed essere coerenti con le “punizioni”.

Ovviamente questi pratici consigli possono essere presi in considerazione non solo per lo specifico caso di ADHD, ma in generale poiché sono le regole basilari e fondamentali per la crescita personale di qualsiasi bambino”.

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