Pubblicato il 23 Maggio, 2023
Il gup di Napoli Tommaso Perrella ha rinviato a giudizio il carabiniere accusato dell’omicidio volontario aggravato di Ugo Russo.
Il quindicenne è stato colpito a morte la notte del 29 febbraio del 2020, nei pressi del borgo di Santa Lucia, a Napoli, mentre cercava di rapinare l’orologio al militare in compagnia di un complice.
La decisione del gup è giunta a distanza di due ore dalla fine dell’udienza durante la quale le parti hanno esposto le loro tesi e la Procura di Napoli (Simone de Roxas e Claudio Siragusa) ha chiesto il processo per il militare (difeso dagli avvocati Mattia Floccher e Roberto Guida).
Il carabiniere, che ha sempre sostenuto – e ribadito anche in sede di dichiarazioni spontanee rese oggi – di avere sparato per legittima difesa, in quanto l’aggressore gli aveva puntato contro un’arma, era presente.
Come per le altre tappe del procedimento in aula c’erano anche i genitori della giovane vittima (difesi dagli avvocati Giovanni Fusco, Antonio Mormile e Domenico Di Donato) e la madre alla vista del carabiniere ha accusato un malore.
Il marito l’ha accompagnata all’esterno dell’aula e la donna si è ripresa dopo l’intervento dei medici dell’Asl di stanza in Tribunale.

All’esterno del palazzo di giustizia, come in occasione delle altre udienze, si sono radunati gli attivisti del Comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo” che hanno esposto tra l’altro uno striscione con la foto del ragazzo.
“Non siamo come ci hanno rappresentato – ha detto il padre di Ugo Russo – e non è giustificabile in alcun modo la reazione che ha avuto il carabiniere: mio figlio è stato ucciso”.
“Chiediamo la verità su ciò che è accaduto. Abbiamo sempre avuto pienamente fiducia nella magistratura. Oggi dopo quasi tre anni e mezzo torniamo a casa con la speranza di sapere quella sera cosa è veramente successo”, ha aggiunto il padre di Ugo Russo dopo la decisione del gip.
“Noi viviamo 24 ore su 24 con Ugo – ha ribadito Russo – lui non era il ragazzo di quella sera e lo vogliamo dimostrare. Non ci siamo mai arresi e ringraziamo chi ci è stato vicino”.
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