Pubblicato il 5 Maggio 2025
L’annuncio del primo ministro israeliano
Benjamin Netanyahu ha dichiarato in un video diffuso dal suo ufficio che Israele è pronto a lanciare un’invasione su larga scala nella Striscia di Gaza, secondo le indicazioni dello Stato maggiore. Ha sottolineato che un’indagine ufficiale sul 7 ottobre sarà istituita solo al termine del conflitto, per garantire una valutazione politica completa che coinvolga anche il primo ministro stesso.
“Dobbiamo farlo, ma solo dopo la guerra. Serve una commissione che sia accettata da tutta l’opinione pubblica”, ha dichiarato Netanyahu.
Proteste a Gerusalemme contro l’espansione dell’operazione
Manifestazioni e tensioni sono esplose a Gerusalemme, davanti al complesso governativo Kiryat HaMemshala, dove alcuni manifestanti hanno bloccato le strade per protestare contro l’ampliamento dell’operazione militare. Si sono verificati scontri con la polizia, secondo quanto riportato dai media israeliani.
Il via libera del governo all’espansione militare
Il gabinetto israeliano ha approvato all’unanimità l’estensione delle operazioni nella Striscia di Gaza, come riportato da Haaretz e Times of Israel. Contemporaneamente, è stato varato un piano per la distribuzione di aiuti umanitari attraverso aziende private, nonostante l’opposizione del ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir.
L’attuazione del piano è prevista solo dopo la visita di Donald Trump nella regione, mentre proseguiranno i tentativi di negoziare un cessate il fuoco con Hamas.
I dettagli del piano militare
Secondo una fonte politica israeliana, il piano include l’occupazione della Striscia, la permanenza nei territori conquistati e il trasferimento della popolazione verso sud, negando a Hamas la possibilità di gestire i rifornimenti umanitari e intensificando gli attacchi ai miliziani.
Le operazioni militari saranno mirate e non coinvolgeranno le aree dove si sospetta la presenza di ostaggi. L’esercito israeliano (Idf) passerà da incursioni rapide alla conquista selettiva di aree strategiche, con attività nei tunnel e azioni di bonifica.
La preoccupazione per gli ostaggi
Il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha avvertito il governo che un’escalation militare potrebbe mettere in pericolo la vita degli ostaggi ancora detenuti a Gaza. Secondo Channel 13, Zamir avrebbe dichiarato che Israele rischia di perdere gli ostaggi se lancia un attacco su larga scala.
Il piano per la distribuzione degli aiuti e le critiche
Israele ha pianificato una nuova modalità di distribuzione degli aiuti umanitari che prevede la consegna diretta alle famiglie da parte di appaltatori privati e organizzazioni internazionali, escludendo Hamas dalla gestione dei rifornimenti. Tuttavia, l’ONU ha respinto il piano, ritenendolo contrario ai principi umanitari.
La popolazione verrà evacuata nella zona tra i corridoi Morag e Filadelfia, dove verrà effettuata la distribuzione. L’Idf fornirà solo supporto esterno per la sicurezza.
La crisi umanitaria a Gaza
Secondo fonti israeliane, gli aiuti umanitari potrebbero esaurirsi entro due settimane. Questo potrebbe dare a Hamas l’occasione di lanciare una “campagna della carestia”, spingendo la comunità internazionale a intervenire.
Saccheggi sono stati denunciati nei magazzini degli aiuti. Secondo fonti di intelligence, i saccheggiatori sarebbero miliziani di Hamas, che sfruttano il caos per eliminare gli oppositori. Hamas ha imposto un coprifuoco dalle 21 per fermare i furti.
Vittime civili e accuse reciproche
Due raid israeliani nel nord della Striscia hanno causato almeno 19 vittime, tra cui donne e bambini, secondo l’agenzia di protezione civile di Gaza. Intanto, Hamas accusa Israele di ricatto politico per l’uso degli aiuti e lo ritiene responsabile della catastrofe umanitaria in corso.
Le accuse all’Iran e la risposta di Teheran
L’Iran ha negato ogni coinvolgimento negli attacchi condotti dagli Houthi, dopo l’attacco all’aeroporto di Tel Aviv. Il ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato che l’appoggio dello Yemen ai palestinesi è una scelta autonoma e ha accusato gli Stati Uniti di complicità nei crimini di guerra in Yemen a sostegno di Israele.