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“Non esiste sindacato senza la partecipazione dei lavoratori”, una chiacchierata con Roberto Mastrosimone

Pubblicato il 5 Novembre, 2021

Per raccontare la storia di Roberto Mastrosimone ci vorrebbe un film. Perché è la storia di un sindacalista-operaio “non convenzionale” – come si definisce più volte, durante la nostra lunga chiacchierata – ma è anche la storia di un intero territorio, Termini Imerese, e della sua relazione “complicata” con l’azienda simbolo del novecento manifatturiero italiano, la Fiat: “Non c’era famiglia a Termini, – ricorda Mastrosimone – , in cui non ci fosse almeno un operaio. Io entro in Fiat da apprendista, mentre si produce la “Panda”, nell’88, a 24 anni, con contratto di formazione, e finisco al “Montaggio”, il reparto più “aristocratico” della fabbrica”, assieme alla “Verniciatura”. Ma ad altri, continua Mastrosimone, va decisamente peggio: “Sai come funzionava il “collocamento” di fabbrica? Tu che cosa sei, agricoltore, artigiano? Vai in Lastroferratura”. Indossavi un cappello e una salopette di cuoio e dovevi stare tutto il giorno a saldare pezzi in un’officina “cupa e puzzolente”, scheggiata dai bagliori delle scintille. Ed è in quei contesti di lavoro operaio, in quei fotogrammi – ancora vividi – di fatica proletaria, che Mastrosimone intraprende la via del sindacato, in quella Fiom cui ha dedicato tutta la vita, in quella Fiat di Termini Imerese cui ha dedicato lotta e sudore, prima da lavoratore, da delegato e da rappresentante sindacale e – dal 2014 – da numero uno dei metalmeccanici della Cgil in Sicilia. Ma è nel 2002 che per il sindacalista-operaio arriva il battesimo del fuoco.

Comizio davanti ai cancelli Fiat (2002)

Ad Ottobre 2002, la Fiat annuncia la chiusura dello stabilimento. E’ il momento più drammatico per Termini Imerese. E’ l’inizio della vertenza, dei comizi davanti ai cancelli della fabbrica, dei cortei, delle telefonate notturne con l’allora segretario regionale delle tute blu, Claudio Sabattini, per programmare le proteste, come il blocco dello Stretto di Messina o i presidi al porto e in autostrada. E piano piano su, fino ad arrivare a Roma, a Palazzo Chigi: “Eravamo arrivati dalla Sicilia con 27 pullman – racconta Mastrosimone – eravamo migliaia. E mentre noi manifestavamo in piazza Venezia, nel frattempo, a Termini Imerese, le donne organizzavano una fiaccolata, assieme a Padre Anfuso e alla chiesa. Tutta la città fu coinvolta”. Mastrosimone fu l’unico lavoratore a salire a Palazzo Chigi, assieme a Claudio Sabattini, al segretario nazionale della Fiom Gianni Rinaldini, e ai segretari di Cgil, Cisl e Uil: “La riunione andò malissimo – commenta Mastrosimone – perché la Fiat confermò la chiusura. Ricordo che il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, devo dire con coraggio, si offrì di andare lui dai lavoratori a spiegare i pessimi risultati dell’incontro”. Pezzotta – è storia – salì sul palchetto del vigile urbano, posto nel centro della piazza, ma non riuscì, interrotto dai lavoratori, ad aprire bocca. Fu Mastrosimone, su richiesta degli operai, a prendere la parola: “Dissi come stavano le cose, che le notizie non erano buone, che la nostra lotta continuava, che non ci saremmo fermati, che dovevamo risalire sui pullman e tornare in Sicilia, a Termini e lì, nel nostro territorio, continuare a lottare”. E la lotta, come si usa dire, pagò: dopo due mesi di scioperi ad oltranza la Fiat revocò la chiusura della fabbrica e più tardi assegnò a Termini Imerese la produzione della “Lancia Y”. Il resto è storia nota.

Manifestazione piazza Venezia (2002)

Nel 2011 – amministratore delegato è Sergio Marchionne – la Fiat, diventata Fabbrica Italia, cambia pelle e profilo. La produzione della “Y10”, viene delocalizzata in Polonia, tra gli scioperi e le proteste incessanti dei lavoratori. Sono gli anni in cui a scrivere la storia della Fiom in Sicilia, è Giovanna Marano, oggi assessora a Palermo, figura iconica del sindacato siciliano, prima donna alla guida dei metalmeccanici siciliani: “Giovanna – racconta il segretario – è entrata in punta di piedi nella vertenza di Termini Imerese, e in un contesto totalmente maschile, in cui i lavoratori erano al 95% uomini e anche i ruoli sindacali erano dominati da uomini, è riuscita a farsi riconoscere. I lavoratori avevano molto rispetto per questa donna che saliva sui tavoli della mensa per fare assemblee davanti a duemila operai, decisiva soprattutto nei momenti di tensione”. Eletto segretario qualche anno dopo Giovanna Marano, Mastrosimone si trova di fronte alla vertenza di Gela, la chiusura dell’Eni, 2500 posti di lavoro che ballano: “Gela e Termini – ragiona il dirigente sindacale – sono vicende molto simili, e ci dicono di come la Sicilia, come nelle peggiori dominazioni, sia terra di saccheggio delle multinazionali, interessate soltanto a drenare soldi pubblici. E una volta andate via quello che lasciano è solo devastazione sociale, produttiva e persino culturale. E’ una caratteristica di tutto il Mezzogiorno – penso per esempio alla Whirlpool di Napoli – accomunato da una classe politica incapace di proteggere gli interessi dei territori”.

Manifestazione Termini Imerese (2002)

Ma veniamo all’oggi, segretario, qual è la situazione dell’industria in Sicilia?

C’è qualche segnale positivo a Palermo nella cantieristica navale. Dopo periodi di marginalizzazione, Fincantieri torna a costruire. Ma dobbiamo impegnarci affinché la costruzione di navi venga stabilizzata, definendo le infrastrutture e i bacini necessari e puntando sulla costruzione. Nel suo grande pacchetto ordini, Fincantieri deve considerare Palermo strategica nello scenario mediterraneo e internazionale. Per quanto riguarda Leonardo, altra azienda strategica e in crescita, ci aspettiamo che si investa nei due insediamenti di Catania e Palermo. A Catania abbiamo la StMicroelectronics, uno stabilimento importante e in espansione, il più grande della Sicilia, che opera in un settore strategico come quello dei semiconduttori, che però sta vivendo una fase di difficoltà per carenza di materia prima, il silicio, e che sta determinando di conseguenza la crisi dell’automotive. La StMicroelectronics è strategica e continuerà ad esserlo anche in futuro, in vista del 2035, anno in cui l’intero mercato dell’auto sarà riconvertito all’elettrico.

E poi ci sarebbe (il condizionale è d’obbligo) la questione Intel…

Intel è un investimento che vale circa quattro miliardi e darebbe lavoro a circa mille addetti. Catania ha dimostrato come in questo settore sia all’avanguardia. La presenza di StMicroelectronics, che sta registrando risultati eccellenti, dice che ci sono tutte le condizioni affinché lo stabilimento Intel si faccia a Catania. Ma anche qui, servirebbe una classe politica all’altezza della sfida.

Maurizio Landini e Roberto Mastrosimone

Domani (oggi per chi legge) si terrà a Enna la conferenza d’organizzazione della Fiom Sicilia, che messaggio lancerà nella relazione introduttiva?

Un messaggio molto semplice. Che se noi ci rendiamo conto che il sindacato sono le persone, i lavoratori, i pensionati, i disoccupati, i giovani, allora il sindacato ha un futuro. Se il sindacato si occupa più di assetti dei gruppi dirigenti che di far partecipare effettivamente i lavoratori e allora di futuro ne vedo ben poco. Credo che non c’è più tempo da perdere, perché ho la sensazione che la crepa tra noi e il nostro popolo si stia allargando. E non è solo un problema del sindacato ma di tutte le organizzazioni sociali e dei partiti.

E questa consapevolezza nel sindacato c’è?

Per tanti sì, ma qualcuno purtroppo ancora non coglie l’urgenza del cambiamento, soprattutto tra quanti pensano che il sindacalista sia una professione. Ma fare il sindacalista non è e non può essere una professione, fare il sindacalista è e deve essere una passione.

(Foto da Facebook)

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