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“OFFSHORE”, il nuovo album del cantautore Marcello Capozzi (INTERVISTA)

“OFFSHORE”, il nuovo album del cantautore Marcello Capozzi è uscito venerdì 21 gennaio 2022 per I dischi del Minollo. Abbiamo colto l’occasione per scambiare due chiacchiere con lui.

Pubblicato il 23 Gennaio, 2022

“OFFSHORE”, il nuovo album del cantautore Marcello Capozzi è uscito venerdì 21 gennaio 2022 per I dischi del Minollo. Abbiamo colto l’occasione per scambiare due chiacchiere con lui.

Marcello Capozzi è un musicista, autore e produttore nato a Napoli. “Sciopero“, album d’esordio (Seahorse Recordings/Audioglobe) che fu inserito nelle pre-selezioni del Premio Tenco 2014 nella categoria Migliore Opera Prima, diede l’occasione di suonare in svariate rassegne in giro per l’Italia e aprire concerti di Cesare Basile, Marlene Kuntz e Paolo Benvegnù. A inizio 2015, nel pieno della fase compositiva del secondo disco, Marcello decise di emigrare nel Regno Unito, trasferendosi a LondraLa decisione fu presa per tipiche motivazioni economiche ma, anche, con l’obiettivo di realizzare un progetto che ormai si era fatto molto chiaro: mettere in scena il racconto di una storia legata a un unico personaggio in transizione nel Regno Unito verso lo spazio infinito.

“OFFSHORE”, nuovo album di Capozzi, è stato realizzato come una serie musicale composta di tre stagioni. La prima stagione è stata pubblicata il 21 settembre 2021 contiene i brani “Modello 730”, “Dei miei stivali” e “London Bridge”; la seconda stagione il 23 novembre 2021 con i brani “Anelli siderali”, “Six Years Later” e “Mors tua”, il 21 gennaio 2022 con i brani “Offshore”, “Fine mondo (pianeta Shengen)” e “Once upn a time in the universe”, esce la terza e ultima stagione dando vita ad “Offshore”.

Al progetto grafico Jessica Lagatta: disegnatrice che vanta, tra gli altri progetti editoriali, la realizzazione delle illustrazioni per il libro “Diario di un’apprendista astronauta” di Samantha Cristoforetti (La Nave Di Teseo).

Lo scorso dicembre Marcello è passato per Bologna per girare un video, città a cui è legato professionalmente per il lancio di questo . Oggi lo raggiungiamo attraverso uno scambio di email per farci raccontare finalmente per intero il suo progetto legato al disco “OFFSHORE”, un viaggio per chi ascolta onirico e introspettivo.

Come si è evoluto il tuo rapporto con Londra in questi anni? Come ha influenzato il tuo modo di vedere e di fare musica? Se non erro sono quasi sette anni che vivi lì.

Quando arrivai a Londra, mi concentrai intenzionalmente ad accogliere gli aspetti maggiormente positivi dell’esperienza da affrontare. Benché attraversassi quello che finora è stato probabilmente il periodo più buio della mia vita, concepii la città come una grande opportunità. Ero famelico, curioso di gettarmi nel grembo di una capitale mondiale, effervescentemente multietnica e cosmopolita. Il desiderio di conquista mi parve un buon carburante per determinare una presa di controllo sugli eventi: sono sensazioni che ho rappresentato nel brano London Bridge. L’impatto combinato di Brexit e pandemia, la situazione di discredito internazionale in cui il Regno Unito si è progressivamente incuneato (in parallelo a una certa ostilità istituzionale nei confronti dello straniero), stanno rovesciando le sensazioni che avevo inizialmente abbracciato. Musicalmente: non so se sia un merito di Londra, ma adesso ho molte più antenne accese. Ad esempio, prima di venire qui non avevo mai messo su un disco intero di musica reggae di mia spontanea volontà.

Il disco l’avevi “pronto” nel 2016 ma esce solo nel 2022. Hai messo in “pausa” il musicista e dato priorità all’uomo?

La scrittura del disco era sostanzialmente conclusa nel 2016, ma lasciai appositamente alcune finestre compositive aperte per garantire freschezza al momento di effettiva produzione del lavoro (che è entrata nel vivo nel 2020). Progettare questo lavoro da migrante ha avuto il merito innanzitutto di tenermi compagnia, soprattutto durante il primo anno qui. Poi mi ha insegnato un principio caro a Paolo Sorrentino: vale a dire, che nella fatica di vivere si nasconda in realtà una grande bellezza. Il fatto che il disco esca nel 2022 dipende semplicemente dal fatto che non sono stato abbastanza bravo da ridurre i tempi di attesa.

“OFFSHORE”, il titolo del tuo nuovo lavoro, è concepito come una sorta di serie tv in tre stagioni in cui sono inseriti i 9 brani che lo compongono. Mi racconti ogni stagione e quale è il filo conduttore che caratterizza ogni stagione? Il protagonista di questa narrazione sei tu, il lavoro è totalmente autobiografico?

La prima stagione racconta l’ultimo periodo vissuto in Italia dal personaggio protagonista, la transizione verso Londra e poi l’impatto istintivo col nuovo mondo. La seconda stagione racconta la ricostruzione relazionale, la transizione temporale (che proietta gli eventi narrati a un certo numero di anni in avanti) e le circostanze legate al terrorismo internazionale nelle quali si imbatte il protagonista. La terza stagione racconta la condizione terminale del protagonista, l’attraversamento della “porta dello spavento supremo” e la connessione macrocosmica con la vastità dell’universale. 

OFFSHORE non è un’opera totalmente autobiografica e (dato che non mi auguro di morire per mano di un terrorista) spero anche che non lo diventi in futuro per via di una serie incredibilmente sinistra di premonizioni (ride, ndr).

Modello 730, Dei Miei Stivali, Six Years Later (uno dei due brani strumentali del tuo disco) sono i brani di cui c’è anche un videoclip. Come mai hai scelto di realizzare il videoclip di questi? Un elemento, tra l’altro, che ritorna sempre è l’acqua, è un caso?

L’acqua è un elemento che ha fornito spunti visuali che mi sono parsi adeguati alla prima parte di tracklist. La scelta dei brani è stata in parte voluta, in parte casuale. Il video di Modello 730 nasce perlopiù da una costola dei girati che avevo realizzato per Dei Miei Stivali. Con Andrew Johnson avevamo voglia di collaborare e abbiamo abbozzato un’idea per Mors Tua; ma lui aveva appena girato delle immagini molto belle che mi hanno suggestionato per Six Years Later. Si fa di necessità virtù. A breve sarà pronto il video del brano che da il titolo all’album (girato tra Italia, Inghilterra e Argentina). Sto valutando se aggiungere altro.

Che rapporto hai con la serialità? Quali sono le serie tv che hai amato di più?

Quando funzionano, le serie sono una grande forma di narrazione: le guardo con piacere, ma neanche con particolare frequenza. I miei amori sono banali: Breaking BadBetter Call SaulFargo (prima stagione). A causa della meravigliosa macchina del tempo di Get Back, ultimamente mentre esco di casa mi illudo di potermi trovare davanti la Londra del 1969. Small Axe (serie di film di Steve McQueen) si intrufola spesso nelle mie conversazioni con amici.

Nel disco ci sono diverse collaborazioni: Carlo Natoli, Sergio Battaglia, Andrea Sciacca, Salvo Scucces, Vincenzo Di Silvestro e Steve Head. Mi racconti come è nata la sinergia con ognuno di loro?

Avevo contattato Carlo inizialmente per affidargli mix e mastering dell’album, poi siamo finiti a co-produrlo. La qualità dell’interazione già dai primi test, e il fatto che in lui sia maturato un sorprendente senso di appartenenza al progetto, hanno portato la collaborazione su livelli di maggiore coinvolgimento. Le cose sono andate poi così bene che dal percorso fatto insieme è sorta un’amicizia.

Sergio (Modello 730), Vincenzo (Dei Miei Stivali) e Salvo (Six Years Later) sono musicisti di spessore del network siciliano di Carlo: hanno collaborato a distanza, ciascuno in un singolo brano, con interventi raffinati e talvolta risolutivi.

Andrea ha suonato la batteria in quasi tutto l’album, togliendo mille castagne dal fuoco e mettendo sul piatto una serie di intuizioni che hanno ispirato il mio modo di cantare.

Steve è un musicista e songwriter londinese che stimo molto. Per un periodo mi sono recato settimanalmente da lui in Berwick Street (la finestra di casa sua è inquadrata nella copertina di Whats The Story Morning Glory degli Oasis). Quegli appuntamenti mi hanno stimolato tantissimo nel rimettere mano ai provini con energia rinnovata. In fase di produzione, mi è parso giusto omaggiare Steve invitandolo a suonare i synth in Offshore, il brano più lungo e che dà il titolo all’album.

Ci sono live/presentazioni in programma del disco? Dove possiamo seguire poi tutte le novità che ti riguardano nei prossimi mesi.

Pubblicare un disco con un’etichetta italiana, vivendo nel Regno Unito in uno scenario pandemico e post-Brexit complica parecchio le cose. Speravo che a Gennaio 2022 fossimo più pronti per fare programmi e invece toccherà attendere un altro paio di mesi per capire se ha senso dedicare pensieri all’aspetto live a breve-medio termine. Potete seguirmi su Facebook, Instagram e Offshore FB .

Intervista a cura di Rossella Vetrano

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