Ansia, disturbi del sonno, vere e proprie forme di depressione: questi alcuni degli effetti psicologici del Covid-19 sulla nostra salute, sulla popolazione in generale, ma in particolare su chi è affetto dal virus.
Un gruppo internazionale di esperti, tra cui alcuni ricercatori dell’Università di Verona, ha collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per formulare le linee guida sul trattamento farmacologico e non farmacologico delle manifestazioni neuropsichiatriche in pazienti con Covid-19, in particolare delirium, ansia, depressione e disturbi del sonno.
Il WHO Collaborating Centre for Research and Training in Mental Health and Service Evaluation dell’università di Verona, diretto da Corrado Barbui, docente di Psichiatria nel dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, ha svolto il ruolo di supporto metodologico e raccolta sistematica delle evidenze per la produzione di tali linee guida. Inoltre, il professor Barbui, è stato membro del Guideline Development Group, chiamato a valutare ed approvare tutte le raccomandazioni sulla gestione del Covid-19, non soltanto in ambito psichiatrico.
Le raccomandazioni “Management of neurological and mental manifestations associated with COVID-19”, a cui hanno contribuito Giovanni Ostuzzi, Davide Papola, Chiara Gastaldon, Federico Bertolini e Corrado Barbui, sono state inserite nel documento “Clinical management of COVID-19. Interim guidance”, pubblicato dall’Oms. Oltre all’ateneo scaligero, ha collaborato alla produzione delle raccomandazioni anche Georgios Schoretsanitis, psichiatra e ricercatore dello Zucker Hillside Hospital di New York (USA).
“La revisione della letteratura condotta dal gruppo dell’ateneo di Verona e la discussione collegiale del gruppo di esperti internazionali ha portato alla formulazione di linee guida sulla corretta gestione farmacologica e non farmacologica delle più importanti manifestazioni neuropsichiatriche in pazienti affetti da Covid-19”, ha spiegato Barbui, “in particolare delirium, ansia, depressione e disturbi del sonno. Considerate le scarse conoscenze attuali sulle manifestazioni neuropsichiatriche in pazienti affetti da Covid-19, è di massima importanza promuovere a livello globale l’uso razionale dei farmaci e la capillare disponibilità di appropriati interventi di supporto psicologico e psicosociale”.
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