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Guardia di Finanza, simulate operazioni immobiliari: truffe ai danni di società finanziarie

Palermo, accusati di favorire Cosa nostra nel settore scommesse. Sequestrati beni per 5 mln a 4 imprenditori

Il decreto di sequestro preventivo, è stato emesso dal gip nei confronti di Francesco Paolo Maniscalco, 58 anni, Salvatore Rubino, 60 anni, Vincenzo Fiore, 43 anni e Christian Tortora 45 anni.

Pubblicato il 12 Marzo, 2021

Il decreto di sequestro preventivo, è stato emesso dal gip nei confronti di Francesco Paolo Maniscalco, 58 anni, Salvatore Rubino, 60 anni, Vincenzo Fiore, 43 anni e Christian Tortora 45 anni.

Sono stati sequestrati ai quattro una lussuosa villa a Favignana e beni per 5 milioni di euro dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Palermo per aver favorito il controllo di Cosa nostra nel settore del gioco e delle scommesse.

I quattro sono indagati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno nell’associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità di aver favorito il clan.

Le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto della Dda Salvatore De Luca. Sono stati sequestrati tre immobili, tra i quali una villa di particolare pregio, nell’isola di Favignana; imprese e quote di capitale di 10 società, con sede nelle province di Roma, Salerno e Palermo, tra le quali un ristorante nel capoluogo siciliano, auto e moto. I sequestri patrimoniali costituiscono il completamento dell’operazione denominata “All In” con la quale il Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo accertò l’infiltrazione di Cosa nostra nel settore economico della gestione dei giochi e delle scommesse sportive.

Secondo le indagini l’organizzazione criminale aveva acquisito la disponibilità di un numero sempre maggiore di licenze e concessioni per l’esercizio della raccolta delle scommesse, fino alla creazione di un “impero economico” costituito da imprese, giunte nel tempo a gestire volumi di gioco per circa 100 milioni di euro, formalmente intestate a “prestanome” ma, di fatto gestite da Francesco Paolo Maniscalco, già condannato perché accusato di fare parte della “famiglia” di Palermo Centro, e Salvatore Rubino che ha messo a disposizione la propria abilità imprenditoriale per riciclare denaro sporco.

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