Nell’agosto del 2010 una giovane ragazza di nome Sarah Scazzi scompare improvvisamente da Avetrana, un piccolo paesino del Salento, un luogo che diventa nel tempo un vero e proprio set a cielo aperto di un mistero che coinvolge e sconvolge l’Italia intera.
Adesso, a distanza di anni, il caso che più di ogni altro ha canalizzato l’attenzione mediatica diventa una docu-serie di quattro puntate in onda su Sky Original e in streaming su Now Tv, a partire dal prossimo 23 novembre. “Sarah. La ragazza di Avetrana”, è basata sull’omonimo libro di Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni e ricostruisce tutta la vicenda non solo dal punto di vista giudiziario ma anche mediatico, concentrandosi soprattutto sulla sua spettacolarizzazione.
Il punto di “non ritorno” nella tragedia di Avetrana è rappresentato da quanto accadde in diretta tv quando Concetta Serrano, la madre di Sarah Scazzi, venne a sapere che la figlia non era in realtà scomparsa e che lo zio (Michele Misseri) aveva fatto ritrovare il suo corpo senza vita. Da allora, l’attenzione su Avetrana e su ogni “dettaglio morboso” della famiglia divenne spasmodica, tanto da far diventare ogni suo componente un personaggio televisivo.
Il documentario, per la prima volta partendo da Avetrana, pone un interrogativo che tocca tutti i casi di cronaca diventati mediatici: quanto può influire un racconto che insegue il macabro e il morboso nella ricerca della verità? Quanto può influire una narrazione così “inquinata” sulle indagini giudiziarie?
Nonostante tre sentenze abbiano messo un punto sulla vicenda giudiziaria e abbiano condannato Sabrina Misseri e Cosima Serrano all’ergastolo, qualcuno sta ancora lottando per affermare un’altra verità. Primo fra tutti, Franco Coppi, avvocato di Sabrina che ha fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
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