Pubblicato il 7 Marzo 2025
Un nuovo ospite esotico è stato individuato nei mari italiani: si tratta della triglia del Mar Rosso (Parupeneus forsskali), una specie originaria di acque lontane. L’esemplare è stato pescato al largo di Lampedusa da alcuni pescatori locali, che, notando le sue caratteristiche insolite, lo hanno consegnato agli esperti dell’Ispra di Palermo per ulteriori analisi. Ma quali sono le implicazioni di questa scoperta e quali effetti potrebbe avere sulla fauna marina autoctona?
Le caratteristiche della triglia del Mar Rosso
Come suggerisce il nome, questa specie è tipica del Mar Rosso e del golfo di Aden, situati tra il canale di Suez e il Corno d’Africa. La triglia si distingue per una banda scura che corre lungo la parte superiore del corpo e per una macchia scura vicino alla coda. Predilige fondali rocciosi e sabbiosi, spesso in prossimità delle praterie marine. Può raggiungere una lunghezza massima di 30 cm ed è molto apprezzata dal punto di vista commerciale. La sua presenza nel Mediterraneo non è del tutto nuova, essendo stata segnalata già in passato in altre aree.
Gli avvistamenti precedenti
Il primo avvistamento documentato della specie nel Mediterraneo risale al 2012 in Libano. Da quel momento, la triglia ha gradualmente esteso il proprio areale, raggiungendo la Tunisia nel 2016 e proseguendo la sua espansione fino alle acque italiane. Il recente ritrovamento a Lampedusa rappresenta un ulteriore passo nella diffusione di questa specie nei nostri mari.
Un rischio per l’ecosistema?
I pescatori di Lampedusa, grazie alla loro esperienza, hanno immediatamente riconosciuto la triglia del Mar Rosso tra quelle locali. Hanno quindi provveduto a congelare l’esemplare e a consegnarlo agli scienziati dell’Ispra, con cui collaborano da tempo. A differenza del granchio blu, per il momento non è ancora chiaro quale impatto questa nuova specie potrebbe avere sull’ecosistema mediterraneo. Gli studiosi ipotizzano che possa entrare in competizione con le triglie autoctone per spazio e risorse, fenomeno già osservato con altre specie invasive.
Una cosa è certa: il ritrovamento rappresenta un’ulteriore prova della crescente presenza di specie aliene nei nostri mari, segno di un cambiamento in atto negli equilibri marini, come sottolineato dagli esperti dell’Ispra.