Sport e sclerosi sistemica: studio veronese pubblicato sullo Scandinavian Journal of Medicine

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L’esercizio fisico un toccasana per i malati di sclerosi sistemica.

Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista scientifica “Scandinavian Journal of Medicine & Science in Sports” , frutto della collaborazione tra l’unità di Medicina respiratoria e dello sport di Verona, diretta da Marcello Ferrari, e l’unità operativa complessa di Neuroriabilitazione coordinata da Nicola Smania, docente di Medicina fisica e riabilitativa in ateneo.

La sclerosi sistemica (SSc) è una condizione autoimmunitaria caratterizzata da fibrosi cutanea e degli organi interni, nonché da danno al microcircolo. La condizione patologica è caratterizzata dall’aumento del tessuto connettivo nell’organismo, che conduce a una progressiva disabilità e a un conseguente peggioramento generale della qualità della vita. 

Lo studio ha coinvolto un campione di 44 pazienti affetti da sclerosi sistemica. “I pazienti definiti “di controllo” sono stati monitorati ricevendo solo raccomandazioni generiche riguardo a un corretto stile di vita”, ha spiegato Marcello Ferrari, “I soggetti randomizzati al gruppo d’intervento sono stati invece invitati a partecipare a un programma di esercizio fisico individualizzato per l’allenamento degli arti superiori e inferiori, da svolgersi a domicilio nell’arco di sei mesi”. 

“Conclusi questi programmi, i soggetti coinvolti sono stati sottoposti a svariati test, tra i quali il test dei sei minuti di cammino”, ha sottolineato Ferrari, “I dati raccolti hanno rilevato un significativo miglioramento della performance fisica e di resistenza, certificato da un aumento della distanza percorsa e della forza. Da segnalare, al contempo, una diminuzione del peso corporeo e della massa grassa, con il mantenimento di quella muscolare. A questi risultati positivi si accompagna un miglioramento complessivo della qualità della vita, superiore alla minima differenza clinicamente apprezzabile nella percezione dei pazienti”

Le osservazioni sono confermate dalla riduzione degli indicatori specifici di disabilità contemplati dalla scala clinica Health Assessment Questionnaire Disability Index, che mirano a valutare il grado di limitazione funzionale dei soggetti.

” Per la prima volta, un programma semplice ed eseguibile a domicilio non solo si è dimostrato sicuro e seguito dai pazienti, ma ha anche messo in rilievo un incremento della performance fisica e della qualità della vita in soggetti affetti da una malattia disabilitante e gravata da una prognosi non sempre favorevole come la sclerodermia”, ha detto Ferrari, “Non richiedendo frequente ricorso a strutture ambulatoriali e ospedaliere, la modalità d’intervento consente inoltre una riduzione dei costi e un’estensione della pratica a uno spettro più ampio di pazienti, che potrebbero a loro volta beneficiare di una programmazione flessibile e potenzialmente implementabile nel loro quotidiano, per giunta in un ambiente familiare” conclude Ferrari.

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Redazione Verona

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