Dodici parole, scritte sulla sua pagina social dall’assessore alla Cultura di Ceccano, Comune nel territorio di Frosinone, che hanno fatto scoppiare l’ennesima bufera politica.
“Questa ennesima dichiarazione di Stefano Gizzi è semplicemente vergognosa – commenta Mauro Buschini, deputato del Pd della Regione Lazio – Non è la prima volta che le sue performance scadono nell’offesa degli altri, ma questa volta l’assessore del comune di Ceccano deve chiedere scusa. Al popolo Ucraino, alle donne violentate ed uccise, ai bambini terrorizzati, uccisi o abbandonati, a tutti coloro che hanno perso la vita o costretti a fuggire in altri Paesi. Il sindaco del Comune di Ceccano prenda immediatamente le distanze, i ceccanesi non sono questo”.
Gizzi, così come sottolineato da Buschini, non è nuovo alle provocazioni: nel maggio del 2006 in piazza Municipio, sempre a Ceccano, bruciò in compagnia dell’attuale senatore di Fdl Massimo Ruspandini il bestseller dello scrittore americano Dan Brown ritenendolo “un volume blasfemo che offende gravemente Gesù”.
Oggi, a distanza di 16 anni, torna a far parlare di se in maniera ancora più plateale.
In un documento congiunto i consiglieri comunali di opposizione Emanuela Piroli, Andrea Querqui, Mariangela De Santis, Emiliano Di Pofi, Marco Corsi hanno chiesto “al sindaco Roberto Caligiore, alla giunta e all’intera maggioranza consiliare, di prendere pubblicamente le distanze dall’ultima dichiarazione vergognosa dell’assessore alla cultura Stefano Gizzi”.
“Pretendiamo che la maggioranza tutta si assuma la responsabilità di rispettare gli impegni presi con la cittadinanza in Consiglio Comunale, in cui è stato votato all’unanimità un documento contro la guerra e ricordiamo che il Comune di Ceccano, da sempre capofila del movimento per la pace, si è messo a disposizione per l’accoglienza dei profughi ucraini – si legge nel documento – non si può rimanere indifferenti di fronte a quello che si configura come un incitamento all’odio, sarebbe l’ennesimo forte segnale di incoerenza di questa amministrazione, perché la guerra non può avere tifosi, soprattutto tra i rappresentanti delle istituzioni democratiche”.
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