Pubblicato il 1 Luglio 2025
Fine dell’opacità sugli stipendi: l’Italia deve adeguarsi entro il 2026
L’Unione Europea dice basta al segreto salariale per contrastare il divario di genere negli stipendi. Con la Direttiva 2023/970, approvata definitivamente nel maggio 2025, gli Stati membri – Italia inclusa – avranno tempo fino al 7 giugno 2026 per recepirla all’interno della propria legislazione nazionale.
Secondo i dati più recenti sul gender pay gap, le donne guadagnano in media il 13% in meno rispetto agli uomini. L’obiettivo della nuova normativa è chiaro: garantire maggiore trasparenza retributiva e promuovere l’equità salariale all’interno di aziende pubbliche e private.
I dipendenti potranno conoscere lo stipendio dei colleghi
Con l’entrata in vigore della direttiva, ogni lavoratore potrà chiedere informazioni scritte sul proprio livello retributivo e su quello medio dei colleghi con mansioni analoghe, suddivisi per genere.
“I lavoratori possono richiedere e ricevere per iscritto informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore”, si legge chiaramente nel testo.
Cosa prevede la Direttiva UE 2023/970
La direttiva si applica a tutti i lavoratori con un contratto di lavoro, come definiti dalle normative e dai contratti collettivi dei singoli Paesi.
L’obiettivo principale è rafforzare il principio della parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per mansioni di pari valore, attraverso la trasparenza salariale e strumenti concreti di controllo e sanzione.
In caso di discriminazione retributiva di genere, i lavoratori avranno diritto a un risarcimento completo, che comprende:
- Recupero delle retribuzioni arretrate
- Compensi accessori o in natura
- Risarcimento per opportunità perse
- Danni morali e materiali
- Interessi di mora
Importante novità: sarà il datore di lavoro a dover dimostrare di non aver violato le norme, invertendo l’onere della prova in caso di contenzioso.
Come chiedere le informazioni sulle retribuzioni
I lavoratori potranno presentare la richiesta in forma scritta, direttamente o tramite:
- I propri rappresentanti sindacali
- Organismi per la parità di genere
Il datore di lavoro avrà due mesi di tempo per fornire una risposta. Se le informazioni risultano incomplete o poco chiare, il dipendente ha il diritto di richiedere chiarimenti e ricevere una risposta motivata.
Niente più clausole che impediscono di parlare di stipendi
Uno degli aspetti più rivoluzionari della direttiva è il divieto di inserire nei contratti clausole che limitino la possibilità per i lavoratori di divulgare il proprio stipendio.
Ai lavoratori non può essere impedito di comunicare quanto guadagnano, e le aziende non possono punirli per aver condiviso queste informazioni.
Tuttavia, se un dipendente ottiene dati retributivi altrui (diversi dai propri), può utilizzarli solo per far valere il proprio diritto alla parità salariale, e non per altri fini.
Un passo decisivo verso l’equità retributiva
La direttiva UE rappresenta una svolta epocale nella lotta alle disuguaglianze salariali. Prevede strumenti chiari, diritti garantiti e una nuova cultura aziendale basata sulla trasparenza e sull’equità.
Ora tocca all’Italia tradurre questa normativa in legge e applicarla in modo efficace, per tutelare i diritti di tutti i lavoratori, senza distinzioni di genere.