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Cassazione

Stupro di gruppo: la Cassazione condanna anche chi assiste

Pubblicato il 5 Settembre, 2022

“Troppo forte raga, quell’altro gli sta facendo pure il video”.

E’ il commento di una 23enne presente mentre la vittima di uno stupro veniva anche ripresa per poi diffondere il video in rete.

La Cassazione non delude chi chiedeva giustizia pure nei confronti di chi ha assistito all’orrore. Perché è considerato “partecipe” anche chi assiste e plaude alla registrazione video della violenza.

Confermata l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una 23 anni di Lamezia Terme, comune in provincia di Catanzaro. Il caso riguarda gli abusi subiti da un ragazzo disabile da una decina di balordi. La 23enne, presente a uno degli episodi ripreso con un cellulare e diffuso in rete, ha commentato divertita quel che stava accadendo.

Contro la configurabilità dell’accusa di stupro di gruppo, il legale della ragazza, l’avvocato Antonio Larussa, ha fatto ricorso alla suprema Corte sostenendo che il comportamento della 23enne, della quale a suo avviso non era certa la presenza al momento dell’abuso, non era “di istigazione”, ma al massimo si era trattato di “una mera adesione morale a un progetto criminoso altrui, come tale penalmente irrilevante”.

Tuttavia la Cassazione ha risposto che “l’indagata è chiamata a rispondere non di concorso in violenza sessuale di gruppo, ma di violenza sessuale di gruppo”.

Questo perché lo stesso reato non comporta “la necessità che ciascun compartecipe ponga in essere un’attività tipica di violenza sessuale”, basta anche che sia uno solo del “branco” a realizzare o minacciare l’abuso.

“In altri termini – spiega il verdetto numero 32503 depositato dalla terza sezione penale – la realizzazione di un contributo morale, da parte del concorrente nel reato che non realizza l’azione tipica”, ossia la violenza vera e propria, e che si trova “sul luogo e nel momento del fatto”, costituisce “una condotta di ‘partecipazione’ punita direttamente ai sensi dell’art.609 octies del codice penale”.

Quanto alla presunta assenza della ragazza, per i giudici si tratta solo di una “diversa valutazione dei dati probatori” non consentita in Cassazione e “confezionata” dalla difesa.

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