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Transizione ecologica, l’allarme di ambientalisti e sindacato: “L’Italia recuperi i ritardi o a pagare saranno i lavoratori”

Pubblicato il 13 Febbraio, 2022

Il tema strategico della transizione ecologica continua a tenere banco nel dibattito politico e sindacale. L’analisi dei suoi effetti, delle sue potenzialità ma anche dei ritardi con cui la politica lo affronta sono stati al centro della diretta trasmessa ieri sulla pagina Facebook del Popolo Viola, un dialogo a più voci, in cui si sono confrontati il giornalista e scrittore Gianfranco Mascia, il segretario Fiom di Bari, Ciro D’Alessio e i co-portavoce nazionali di Europa Verde Angelo Bonelli ed Eleonora Evi, che è anche europarlamentare dei Verdi. Un dibattito che ha preso spunto dal caso Bosch, che mentre annuncia trionfante 3,2 miliardi di utile nel 2021, licenzia 700 operai a Bari perché la fabbrica non si è innovata verso le nuove tecnologie legate alla transizione ecologica.

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“Da anni – dice Ciro D’Alessio – come sindacato mettiamo in guardia i governi sulla necessità si intervenire per accompagnare la transizione ed evitare che i costi di questo cambiamento li paghino i lavoratori. Faccio un esempio: entro il 2035 verranno superati i motori endotermici ed è chiaro che chi non riesce a riconvertirsi alle tecnologie di nuova generazione non ha futuro. La Bosch di Bari, che ha annunciato 700 esuberi, rappresenta il simbolo dei ritardi con cui questo paese sta affrontando il tema della riconversione”.

“La politica italiana – aggiunge Angelo Bonelli – non riesce ad avere una visione per il futuro. Pensiamo per esempio al ministro Giorgetti, che è andato a Bari a dire una cosa allucinante e cioè che gli esuberi alla Bosch sono la conseguenza della transizione ecologica. Noi pensiamo che sia esattamente il contrario. E’ chiaro che aziende come la Bosch, ma anche come la Magneti Marelli, che producono componentistica per auto, andranno verso l’accantonamento se non si riconvertono. Per questo in altri paesi, come la Francia e la Germania, le grandi case automobilistiche, da dieci anni hanno riorganizzato le filiere verso l’elettrico”.

“L’Europa ha ben chiaro che questa transizione si fa ma non bisogna lasciare nessuno indietro”, spiega Eleonora Evi. “Questo proposito che si va ripetendo però deve trovare riscontro in misure concrete. La decisione dell’Europa di vietare dal 2035 la produzione di motori endotermici non dovrebbe suscitare paura ma dovrebbe al contrario suscitare azioni e lavoro per mettere in campo misure che accrescano la competitività delle nostre aziende su scala europea”.

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