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Ucraina

Ucraina, la Procura di Messina a caccia di “Pino”, il mercenario pro Russia

Pubblicato il 19 Febbraio, 2022

Inizia tutto per caso, dopo un post pubblicato il 6 gennaio del 2019 sul profilo Facebook di tale Giuseppe Russo, fino a quel momento uno sconosciuto per le forze dell’ordine. Invece Russo, detto “Pino”, 20 anni, per la Procura di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, è un mercenario pro Russia che da anni si trova nel territorio ucraino del Donbass.

Il gip di Messina, nell’aprile del 2021, ha disposto l’arresto del giovane, poi confermato dal Tribunale del Riesame, nel luglio 2021. L’inchiesta è partita dall’analisi del profilo Facebook di Russo che aveva postato una sua foto con indosso “un’uniforme di combattimento con fregi militari, quali la stella sul colbacco, la stella con falce e martello nella fibbia, di chiara appartenenza filorussa”, scriveva il gip nella misura cautelare.

Le indagini “confermavano l’operatività di Russo quale mercenario nel conflitto armato in questione, nonché i rapporti tra lo stesso” e altre persone che lo avrebbero assoldato. Per i giudici “l’esercizio di una effettiva attività militare di Russo emergeva a più riprese: in data 3 aprile 2019 Russo riferiva alla sorella Giorgia che egli effettuava dei turni di guardia, in una zona in cui vigeva il coprifuoco, e veniva pagato in rubli”, aveva poi aggiunto il Tribunale del Riesame come apprende l’Adnkronos. Non solo. “In una conversazione del 13 aprile la madre di Russo commentava con il convivente e la figlia Giorgia, “come il figlio facesse il soldato”, “ma non in condizioni normali e avesse cominciato a nutrire dubbi sulla opportunità di continuare in questa scelta, avendo ormai una compagna e una figlia piccola, benché facesse il ‘lavoro’ che gli piaceva”, dice il giudice. Nella stessa conversazione, la madre del mercenario “riferiva di essersi recata in Donbass in passato e avere assistito ad una parata militare in cui sfilava il figlio“.

Il 16 agosto 2019 “Russo riferiva con compiacimento ai familiari di essere stato impegnato in una azione militare, nel corso della quale era stato impiegato, tra l’altro, un mitragliatore kalashnikov”. Il 16 novembre 2019, conversando con la sorella e con il fidanzato di lei, il mercenario diceva di “volersi fare un tatuaggio con l’effige della propria milizia”. Ecco la conversazione intercettata: “…Metà teschio… metà maschera a gas… con il filo spinato attorno”. Secondo il gip di Messina, come si legge nella misura cautelare, Russo aveva postato sul suo profilo social altre foto “mentre imbracciava un fucile mitragliatore, tipo kalashnikov, in dotazione all’Esercito russo, accanto a una mina antiuomo. In altre immagini era anche ripresa una base militare con la scritta ‘Per Putin’ e in cirillico”.

Inoltre “dall’acquisizione di alcuni filmati presso la Rai, in occasione di una puntata del programma ‘Speciale Nemo’ mandato in onda il 18 giugno 2018 sul conflitto in Ucraina, veniva ripreso un uomo con le fattezze di Russo”. E che si trattasse di lui “si aveva la conferma da una chat su Facebook in cui lo stesso Russo riferiva a un amico di essere stato ripreso nel corso di una trasmissione televisiva sebbene si fosse rifiutato di rilasciare una intervista”. Ecco come nasce l’idenitificazione del mercenario di Messina

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