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Ucraina: la “guerra nella guerra” delle donne transgender

Pubblicato il 22 Marzo, 2022

“Una guerra nella guerra”. È quel che sta affrontando la comunità Lgbt in Ucraina. Stando a quanto riferiscono alcune associazioni di beneficenza citate dalla Bbc, centinaia di donne transgender sono state respinte al confine ucraino mentre tentavano di fuggire dal Paese in guerra con la Russia.

Il motivo? Nei loro passaporti c’è scritto ancora il nome e il genere di nascita e le regole attuali in Ucraina vietano ai residenti uomini dai 18 ai 60 anni di lasciare il Paese. Coloro che hanno scritto “maschio” sul passaporto vengono automaticamente respinti al confine.

In Ucraina cambiare nome e genere sul passaporto richiede un lungo processo, che prevede anche diverse perizie psichiatriche. E la lentezza burocratica molte persone che hanno cambiato genere a non andare fino in fondo alla pratica. Una delle principali associazioni di beneficenza transgender dell’Ucraina stima che ci sono centinaia di trans che tentano di fuggire, ma che il 90% di loro ha fallito, in quanto nel loro passaporto c’è scritta la parola che indica il genere che appartiene loro.

“Questo non è un posto molto adatto alla comunità arcobaleno – ha detto Zi Faámelu, una donna transgender ucraina di 31 anni che vive a Kiev, in un’intervista a Cbs News – La vita delle persone trans è molto desolante qui. Se nel tuo passaporto c’è scritto sesso maschile non ti lasciano andare all’estero, non ti lasciano passare. Non voglio sottopormi a perizie psichiatriche. È umiliante. Quindi ho deciso di tenere il mio passaporto, di tenere maschio nel mio passaporto, e ora non posso lasciare questo Paese“.

Prima del 2017, i membri della comunità trans hanno dovuto trascorrere del tempo sotto la supervisione di un istituto psichiatrico prima di poter iniziare la transizione. Ora tale requisito è stato eliminato, ma le persone hanno ancora bisogno di una visita psichiatrica.

Secondo la International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association, l’Ucraina è al 39esimo posto su 49 Paesi europei per il trattamento complessivo delle persone Lgbt. I matrimoni gay non sono consentiti nel Paese, la Chiesa cristiano-ortodossa considera l’omosessualità un peccato e non esistono leggi antidiscriminatorie a tutela delle comunità.

Ma il problema si riscontra anche nei in alcuni Paesi dove si cerca di rifugiarsi.

Secondo le ultime stime dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) gli ucraini che sono arrivati in Polonia dall’inizio dell’invasione russa, lo scorso 24 febbraio, sono già due milioni.

Ai microfoni dell’organizzazione indipendente e no-profit National Public Radio (NPR), Julia Maciocha, un’attivista del Warsaw Pride in Polonia, ha dichiarato che la sua organizzazione si è subito mossa per aiutare i rifugiati ucraini, e soprattutto per proteggere le persone transgender da potenziali discriminazioni.

“Non vogliamo – ha detto Julia Maciocha a NPR – che vengano tenuti in campi profughi o in grandi edifici o luoghi enormi dove non sono al sicuro perché ovviamente l’omofobia esiste ancora in Polonia. Vogliamo assicurarci che vengano collocati con persone che capiscano i loro bisogni”, ha dichiarato l’attivista. Per Julia Maciocha molti rifugiati ucraini Lgbtq lasceranno presto la Polonia. Maciocha ha spiegato che probabilmente “si sposteranno nell’Europa occidentale, dove le leggi sono più amichevoli. Quindi quello che possiamo fare noi qui è solo accoglierli e aiutarli in primo luogo”.

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