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Varianti del Coronavirus, Lorenzin: "Rispondere tempestivamente, necessario un cambio di passo"

Beatrice Lorenzin

Varianti del Coronavirus, Lorenzin: “Rispondere tempestivamente, necessario un cambio di passo”

Pubblicato il 16 Febbraio, 2021


Nelle zone nelle quali il tracciamento ha funzionato, la pandemia è rimasta sotto controllo, per tutto il tempo in cui il tracciamento stesso ha retto. Più piccola è la zona nella quale si lavora, più il quadro può essere padroneggiato. Ma con le varianti, inglese, brasiliana e sudafricana, tutto cambia ed è necessario un adattamento. Secondo Beatrice Lorenzin, ministro della Salute nell’ambito dei governi Letta, Renzi e Gentiloni, al Governo è richiesto un cambio di passo. Nella situazione attuale, ci si trova di fronte a un quadro mutevole, che non può essere ignorato. Bisogna riadattare il sistema, in modo ragionato, rapido, puntuale: è necessario insistere sul tracciamento. Posto che le varianti non reagiscono al vaccino, si profila una pandemia completamente nuova: il loro insorgere rapido ci mette in difficoltà, le strategie adottate a giugno non sono più utili. I vaccini a Rna permettono che la proteina Spike, utilizzata dal virus come una sorta di uncino per agganciarsi alle cellule delle nostre vie respiratorie, sia riconosciuta come estranea dal sistema immunitario: possono essere riadattati in tempo utile, al fine di combattere le varianti in poco tempo. Le varianti devono essere debellate immediatamente, bisogna ridurne l’impatto: in 5 settimane la variante inglese è destinata a sostituire il Coronavirus come lo conosciamo oggi. Si propone ai decisori una mole di impegno gigantesca.
Queste le parole di Lorenzin: “Il Ministero della Salute deve rientrare nel possesso di tutte le sue funzioni, dato l’attuale ruolo del Comitato tecnico scientifico, con competenza di consulenza e supporto. I modelli applicati in ambito sanitario dovrebbero essere più reattivi, poiché le buone pratiche applicate a inizio pandemia sono superate (sono diventate inutili rapidamente) e non si attagliano alla situazione presente. L’uomo è un animale sociale e mentre si dettano proibizioni, soprattutto tra i giovani non si evitano gli assembramenti e il virus può agire indisturbato. Ecco l’ambito nel quale attecchiscono le varianti. Tutto il sistema deve mutare, mentre il quadro muta. E’ necessaria una strategia integrata, che contempli vaccini e terapie. Le varianti attecchiscono più facilmente su soggetti immunodepressi, per questa ragione vaccinarsi è vitale; inoltre, non sono intercettate dai tamponi rapidi antigenici, ma da quelli molecolari. Aifa, in primis, deve organizzarsi per essere più veloce, autorizzare anche in deroga e sperimentare tempestivamente. Dobbiamo decidere quanto va fatto nelle prossime due settimane, riadattare le politiche sanitarie in modo molto rapido. Bisogna determinare lockdown programmati, in modo che siano efficaci: soltanto in un’ottica sistematica, integrata, il nostro operato può essere efficiente“.

L’Aquila zona bianca, mentre si individuano le varianti: perché si tratta di un’ottica utile

E’ quanto è stato detto nel dialogo a più voci relativo a L’Aquila zona bianca, promosso on line dalla Commissione sanità del Partito democratico aquilano: un evento introdotto dal deputato Stefania Pezzopane. C’erano Vito Albano, Massimo Cialente, D’Andrea Marisa, Leila Fabiani, Eva Fascetti, Alessandro Grimaldi, Francesco Marrelli, Carlo Masciocchi, Franco Marinangeli, Patrizia Masciovecchio, Riccardo Persio, Maurizio Ortu, Marco Valenti. L’Aquila ha una peculiarità: sorge in mezzo alle montagne. Come appare chiaro, come zona circoscritta la città può essere tenuta sotto controllo, in modo da costituire un modello. L’intuizione sulla quale lavorare è la distinzione in zone: più piccola è la zona presa in considerazione, più facile è il tracciamento, come detto. Operare a livello provinciale, identificare chirurgicamente i focolai, può essere la strada giusta. Come ha affermato Pezzopane, si tratterebbe di dividerla in tre sistemi, con i rispettivi protocolli, a partire dal tracciamento: “La zona bianca risulta regolata, appunto, da precisi protocolli, sulla base del Dpcm: ambiti da 100.000 abitanti possono raggiungere l’obiettivo indicato nel documento. Si tratta di un risultato al quale tendere, come istituzioni e come comunità: conservando la zona gialla e impegnandoci con precise strategie (territorio, tamponi…) verso la zona bianca”.

L’Aquila zona bianca, gli esperti: “capire che cosa avviene dopo il Covid”

Il Coronavirus, del resto, infetta l’organismo con uno strascico di conseguenze. Nell’ambito del folto gruppo di esperti che è intervenuto, che costituiscono una task force che fa del dibattito la sua forza, il professor Carlo Masciocchi (Univaq) si è espresso in questo modo: “Chi ha avuto a che fare con la polmonite interstiziale ha come esito una fibrosi polmonare, di gradi diversi: non sappiamo quanto sia rilevante la fibrosi e i pazienti devono essere sottoposti a Tac. Piani di follow up sono necessari a soggetti con patologia più importante, da controllare nel tempo, in modo da migliorare la funzionalità respiratoria”. Quanto avviene dopo il Coronavirus, non è ancora chiaro al 100%. Secondo il professor Marco Valenti (Univaq) “si apre il problema dell’umanizzazione, della qualità della degenza. Nelle Regioni non c’è un sistema che sia in grado di indirizzare le risorse dove realmente servono in tempo reale“. Le problematiche logistiche sono al primo posto, quando è necessario agire in fretta.

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