Pubblicato il 7 Agosto 2024
“L’allarme sull’epidemia da virus Chandipura in India va preso molto seriamente. Ovviamente non è il caso di allarmarci in Italia, ma le autorità sanitarie internazionali sono giustamente preoccupate”, così l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco.
Il docente di Igiene all’università del Salento ha detto la sua all’Adnkronos in merito all’epidemia causata nel Paese asiatico dal patogeno che mette a rischio soprattutto i bambini.
“Si tratta di un virus trasmesso da zanzare ma che, a differenza di altri come West Nile o Dengue, comporta un livello di letalità molto alto. L’attenzione delle autorità sanitarie è decisiva”, spiega.
Trasmesso da pappataci e zecche, il virus Chandipura (Chpv) può provocare febbre con dolore articolare, sindrome di Reye (rara forma di encefalopatia acuta) e la paralisi cerebrale infantile.
L’India ha confermato 51 casi in diverse regioni del Paese, soprattutto bambini.
Ora uno studio internazionale in fase di pubblicazione – coordinato da Francesco Branda, Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – ha realizzato una piattaforma per monitorare al meglio i casi e dare “un quadro globale completo dell’epidemia in corso con risposte tempestive e coordinate”.
Secondo i ricercatori, dietro questo focolaio in India ci sono anche i cambiamenti climatici che possono “influenzare la diffusione e la prevalenza di varie malattie infettive, alterando potenzialmente gli habitat dei vettori e i modelli di trasmissione delle malattie, come il virus Chandipura, un patogeno tropicale emergente che prende il nome dal villaggio del Maharashtra, in India dove è stato identificato per la prima volta nel 1965”.
“I sintomi inizialmente assomigliano a quelli dell’influenza – descrivono gli autori dello studio – ma possono progredire rapidamente fino all’encefalite, al coma e alla morte entro 24-48 ore, colpendo soprattutto i bambini di età inferiore ai 15 anni”.
“L’esatto meccanismo attraverso il quale il virus entra nel sistema nervoso centrale non è ancora del tutto chiaro. Tuttavia, si ritiene che produca una fosfoproteina nelle cellule cerebrali entro 6 ore dall’infezione, il che potrebbe spiegare la sua rapida letalità”, continuano.
“Sfortunatamente non sono disponibili farmaci antivirali o vaccini. Il controllo dei vettori, parliamo infatti una arbovirosi, l’igiene e la sensibilizzazione sono le uniche misure disponibili contro la malattia”, – avvertono gli scienziati.
L’obiettivo del lavoro è “armonizzare le informazioni raccolte, garantendo che i dati provenienti da diverse fonti possano essere efficacemente confrontati e combinati”. E’ stata quindi creata una piattaforma per monitorare i contagi in diversi stati e pianificare risposte rapide e concertate.