10.11.2021 – E’ mancato nella giornata di ieri, martedì 9 novembre, il professor Luigi Ricciardi, ortopedico di fama internazionale, per vent’anni Primario dell’Ortopedia dell’Umberto I di Mestre.
Laureatosi a Padova nel ’49 e specializzatosi a Bologna presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli, Luigi Ricciardi era stato allievo prediletto del professor Pais, uno dei padri dell’Ortopedia moderna; e a soli 36 anni divenne Primario del Reparto di Ortopedia dell’Ospedale civile di Cosenza, che diresse dal ’62 al ’75. Trasferitosi a Mestre, ha diretto il reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Umberto I dal 1975 al 1995, due decenni nei quali l’Ortopedia mestrina è stata un punto di riferimento nazionale ed internazionale per il trattamento di diverse patologie, in particolare per il trattamento delle fratture con i fissatori esterni. All’Umberto I il professor Ricciardi dirigeva un reparto di 90 letti con un’equipe di 13 medici.
Appassionato studioso e innovatore, aveva ideato un percorso di trattamento che prevedeva la riduzione della frattura in sala operatoria con l’applicazione del fissatore esterno e l’evoluzione del callo di frattura attraverso uno studio ecografico ed estensimetrico, ricercando in tal modo la guarigione biologica della frattura. Altro campo di interesse di Luigi Ricciardi è stata la chirurgia protesica dell’anca: primo ortopedico in Italia ad impiantare una protesi dell’anca nel cane, ha ideato in seguito una protesi a vite che è stata utilizzata per molti anni in diverse scuole di ortopedia in Italia. Il professor Ricciardi ha ricoperto importanti cariche a livello nazionale e internazionale; nel 1986 è stato il primo ortopedico ospedaliero ad essere Presidente unico del Congresso nazionale italiano che si è svolto al Lido di Venezia; è stato, inoltre, vicepresidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia dal ’92 al ’94.
Nel periodo trascorso all’Ospedale di Mestre, sua città natale alla quale era molto legato, ha operato migliaia di suoi concittadini, e viene ricordato ancora oggi per le sue riconosciute capacità chirurgiche ma, soprattutto per la grande umanità che ha caratterizzato la sua figura di medico.
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