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Battiato e, noi, orfani del “Cuccurucucu Paloma”. Etta Scollo: “Ci ha lasciato bellezza, facciamone tesoro”

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Franco Battiato “irruppe” nelle nostre vite verso la metà degli anni ’80; a quel tempo, alcuni di noi, facevano l’ultimo anno del liceo, la maturità. Qualcuno aveva sentito già qualcosa ma, “La Voce del Padrone” fu il disco che resterà nel cuore e nella mente di parecchi di noi che hanno superato almeno i 55 anni. Fu un’esplosione di nuovi colori, suoni, profumi; i testi erano così ricchi di cultura, emozioni.

Quel latino che tanto odiavamo a scuola, diventò di colpo familiare, la sua musica ci portava a spasso come i peripatetici tra i giardini d’Oriente, odalische libiche, tra la grazia, il sogno, la storia, il mito, la leggenda.

Battiato, ci parlò di mondi sconosciuti, di Atlantide, di Cabala, di “geometria esistenziale” e, per noi giovanissimi in cerca di un “Centro di gravità permanente” quello fu uno spartiacque. Tutto coincideva, ogni nota quadrava e delineava un nuovo confine, traiettorie impercettibili: quel periodo segnò una linea netta tra un “prima e dopo non meglio definito”, ma non si trattava solo di musica; c’era la nostra vita nel mezzo, e noi ragazzi degli anni ’80 eravamo, con le sue canzoni, più consapevoli, delle nostre origini, della nostra storia, delle radici.

Personalmente, ho rimosso dalla mia mente la sua malattia, non ho mai domandato ad amici comuni, mai approfondito. Non ne ho mai scritto, non solo per rispetto alla sua persona ma anche per proteggere in qualche modo i ricordi della mia gioventù, una maniera per preservare la memoria di qualcosa di bello e importante che aveva segnato una stagione così importante, della vita.

Qualche anno fa, (sono generico volutamente) andai ad un suo concerto al Teatro Metropolitan di Catania, con lui cantava la nostra amica comune Etta Scollo, catanese anche lei. Poi, di lì a poco, ci siamo rivisti, quell’estate su una spiaggia solitaria dalle parti di Ispica, per qualche giorno. Lui, arrivava prestissimo, apriva il suo ombrellone, si sedeva e stava ore a guardare il mare.

Ci scambiavamo solo un “buongiorno” quando i nostri sguardi si incrociavano. A me venivano in mente tutte le sue canzoni, quell’estate, ma, non ho mai avuto la tentazione di fermarlo, di dirgli qualcosa.

Mi consolano, oggi, le parole di Etta Scollo: “Ci mancherà Franco. Un signore, un vero amico. Sono troppo dispiaciuta. I ricordi scorrono nella mia mente come un film. Forse così mi sento ancora una volta più vicina a lui. Ci ha consegnato in eredità un patrimonio di bellezza, di sensibilità e di umanità, facciamone tesoro”.

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Gennaro Giacobbe

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