Il generale Bertolini: “Inviare armi favorisce l’escalation”

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“Se si avranno dei risultati, Putin potrebbe accontentarsi di questo, magari offrendo a Kiev in cambio la città di Odessa come sbocco al mare, in modo da non escluderla completamente dal Mar Nero. Se i negoziati non andranno avanti, possiamo aspettarci di tutto, anche l’occupazione dell’Ucraina. Inviare armi? Provocherebbero un’escalation e riducono le possibilità di dialogo”, così il generale Marco Bertolini.

Comandante dei parà della Folgore, del reparto speciale Col Moschin, del Comando interforze per le Operazioni delle Forze Speciali, nell’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, ha detto che “in questi frangenti è facile cadere nell’analisi emozionale e si perde un po’ di vista la razionalità, Restiamo in attesa di vedere se i negoziati andranno avanti. Anche io non avevo molte speranze, ma è positivo che i colloqui si siano svolti in Turchia, in un Paese Nato. La Turchia ha rapporti con la Russia molto intensi, non solo economici, sono entrambi presenti in Siria. Ma i risultati non potranno arrivare subito. Il Mar Nero è sempre stato un trapezio, con una base Nato (la Turchia) e gli altri tre lati appannaggio dell’ex Patto di Varsavia (Bulgaria, Romania, Urss con Ucraina e Georgia). Ora Bulgaria e Romania sono nella Nato, se anche la Georgia e l’Ucraina vi aderissero la Russia sarebbe esclusa dal Mar Nero e quindi dal Mediterraneo, obiettivo strategico irrinunciabile. I toni sono così accesi, perché si sta parlando di interessi vitali“.

Per quanto riguarda la tattica russa utilizzata sul territorio ucraino, secondo il generale è “Difficile dotarsi di criteri precisi. L’Ucraina è un Paese grande con un esercito importante e addestrato, sul modello russo. Per di più, in questi ultimi anni, è stato sostenuto dall’Occidente. L’aspettativa di una campagna in pochi giorni è una aspettativa non realistica. La Russia sta procedendo in modo sistematico: stabilizzare la situazione attorno a Kiev e impegnarsi soprattutto a sud, in Crimea e nel Donbass. Il controllo di quei territori sarebbe un risultato strategico”.

Bertolini, poi, tira le orecchie all’Europa: “E’ assente, non c’è dubbio, anche perché non ha una politica estera, motivo per il quale non avrà mai un esercito comune che di una politica estera è espressione. La Ue ha assunto dei toni veramente duri, che secondo me la mettono fuori dai giochi per quel che riguarda il negoziato. Questo però potrebbe non valere per alcuni suoi Stati, come la Francia, che mantiene un dialogo con Putin, o la Germania. Entrambe guardano al dopoguerra perché, comunque, un dopoguerra ci dovrà essere e dovremo avere dei rapporti con degli interlocutori russi. Per fare questo, credo che giustamente Francia e Germania cerchino di garantirsi qualche posizione originale, almeno a giudicare dai fatti”.

E non è morbido anche con l’Italia, che, secondo il generale, “E’ sparita, dopo il fuoco di paglia della visita di Di Maio a Mosca e quella annunciata di Draghi, è scomparsa. Chi parla per l’Italia è la Ue. I più entusiasti in Italia per il rullare di tamburi sono quelli che più hanno trascurato le Forze armate e la difesa dei nostri interessi nazionali”.

“Mi riferisco a tutti – conclude – Quando siamo passati all’esercito professionale, portando da 300 a 100 mila gli uomini effettivi, ogni parte aveva le proprie ragioni per procedere in quella direzione. La parte sinistra aveva la volontà di ridurre lo strumento militare, la destra pensava che aumentando i professionisti sarebbe aumentato il consenso nei suoi confronti, mentre il centro cattolico pensava che sarebbe venuto un mondo senza più la guerra. Tutti i partiti si sono disinteressati delle forze armate e ora i nostri migliori reparti si reggono solo sulla volontà dei comandanti e sulla disponibilità degli uomini a fare un lavoro che non interessa a nessuno”.

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Redazione Nazionale

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