Il Covid ci strappa il comandante Gagliano: “Era generoso e non temeva pericoli”

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“L’abbraccio commosso di tutti i Carabinieri cinge i familiari del Colonnello Salvatore Gagliano, capo di Stato Maggiore del Comando Interregionale “Culqualber” di Messina, portato via dal Covid-19 dopo una strenua lotta. Catanese, 58 anni, sposato, lascia tre figli. È stato protagonista di un’intensa e brillante carriera, avendo ricoperto delicati incarichi in alcune tra le più difficili aree del territorio nazionale: con passione, sacrificio e professionalità, negli anni ha servito il Paese da Comandante delle Compagnie di Lucera e di Bari Centro, dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, del Reparto Operativo di Lecce, dei Comandi Provinciali di Ragusa e Crotone, della Scuola Allievi Carabinieri di Reggio Calabria. È stato un punto di riferimento per centinaia di Carabinieri che hanno avuto la fortuna di lavorare al suo fianco, e che gli rendono oggi onore insieme all’Arma intera”.

Le parole è ricordato Salvatore “Salvo” Gagliano dall’Arma sui social sono accompagnate da una foto suggestiva. Nel cielo, le nuvole cupe cercano invano di prevalere sul cielo terso, dove i raggi del sole si impongono, sembrano aprire una porta, un varco luminoso, un passaggio per l’eternità.

Salvo Gagliano

“ERA UN GALANTUOMO”

La commozione è palpabile anche nei numerosissimi commenti di chi è rimasto colpito dall’improvvisa scomparsa del comandante originario di Grammichele, centro della provincia di Catania, l’ennesima vittima del virus maledetto. Anche nei numerosissimi commenti di chi lo aveva conosciuto come uomo e come militare, apprezzando al massimo sia l’uno sia l’altro.

Perché Salvo Gagliano con le sue doti e col suo carattere si era fatto amare ovunque, lasciando dietro di sé il ricordo di “UN GALANTUOMO, UN AMICO INDIMENTICABILE! UN CARABINIERE GENEROSO AL SERVIZIO DELLA SOLIDARIETA’ “, scrive come leggete, a caratteri cubitali, un rappresentante dell’ Airc di Crotone, dove ancora ricordano come, 6 anni fa, si era presentato quando ha assunto il comando provinciale del centro calabrese, definendosi schivo, col sorriso, ironizzando su stesso, mettendo così a proprio agio chi lo ascoltava, scherzando e rassicurando.

AFFERMAVA CHE “IL CARABINIERE DEVE ESSERE ANCHE OPERATORE SOCIALE”

“L’interesse fondamentale della mia azione sarà quello di continuare l’attività del collega che mi ha preceduto, soprattutto puntando su quelli che sono gli aspetti che ritengo importanti per una seria azione di contrasto nel territorio; cioè la cultura che è l’aspetto fondamentale per togliere il ‘brodo di coltura’ alle illegalità e soprattutto alle continue e subdole azioni delle organizzazioni mafiose. Ma, soprattutto, quello di dare alla gente la fiducia nelle istituzioni, fiducia soprattutto nei carabinieri che io ritengo non solo nella loro veste di tutori dell’ordine ma operatori sociali”: così si esprimeva, così era Salvo Gagliano.

IL PIANTO DI ARDITA “PER ME ERA QUEL RAGAZZINO DI 16 ANNI CHE…”

Sposato e padre di tre figli, lascia un vuoto incolmabile anche in Sebastiano Ardita, il magistrato catanese che lo ricorda rivelando degli aneddoti: “Eravamo compagni di classe al Liceo dei Salesiani di Catania e siamo stati giovanissimi ufficiali di complemento dei Carabinieri del 117^ Corso. Lui ha continuato, per me fu solamente il servizio militare”.

“Salvo aveva l’Arma nel sangue ed adorava i Carabinieri e quella divisa – continua il Procuratore aggiunto di Catania e componente del Csm, il Consiglio superiore della magistratura – era stato lui a convincermi ad indossarla. Attualmente era il Capo di stato maggiore del comando interregionale dei Carabinieri Colcubar, ma per me era sempre quel ragazzino di 16 anni che giocava a fare la testa di cuoio dei Carabinieri: una persona cara, un amico fraterno. Ha partecipato a delicate indagini, arrestato latitanti, servito lo Stato senza temere pericoli. Era un ufficiale valoroso ed un uomo sensibile e generoso. Ha onorato l’Arma e ne era onorato. Salvo era un credente vero, ed è tornato a casa. Ma non ci dimenticheremo di lui per quello che ha dato in questa terra”.

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Alessandro Sofia

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