L’affissione di manifesti che raffigurano un bambino con la dicitura “IO SONO PER LA VITA” ha suscitato molte polemiche a Piombino, sicuramente in modo più acceso rispetto ad altri comuni, fra i quali Livorno, dove sono visibili le stesse immagini.
Sembra si tratti di una campagna nazionale promossa dalle associazioni antiabortiste, che ha coinvolto molte città italiane. Sicuramente avranno ovunque suscitato clamore, ma qui da noi, come al solito, una buona strumentalizzazione non la si nega mai. Infatti, qualcuno ha voluto associare la presenza dei manifesti al colore politico dell’amministrazione della città, quando in realtà tanti comuni di sinistra sono stati tappezzati allo stesso modo.
Oltretutto, pensare che esista un “dipartimento della censura” che controlli l’ufficio delle pubbliche affissioni e gli attacchini comunali è alquanto grottesco, come direbbe “Giovannino Guareschi”. Non entriamo volutamente nel merito delle legittime interpretazioni di ciascuno, la libertà di pensiero ed il rispetto delle idee altrui è uno dei capisaldi della democrazia. Per questo motivo ci lasciano perplessi alcune dichiarazioni politiche, in particolare se provenienti da quelle componenti che al loro interno hanno radicate componenti moderate e di tradizione cattolica.
Ineccepibili le dimostranze di Rifondazione Comunista dal loro punto di vista, che però non ha minimamente accennato alla censura od ad altre formule oscurantiste, nel pieno rispetto dei valori di libertà e di espressione che sono la forza del loro impegno. Le perplessità provengono dal comportamento del Partito Democratico, ed in particolare dalla federazione comprensoriale Elba-Val di Cornia, che ha chiesto in modo perentorio la rimozione di quei manifesti.
Ci chiediamo cosa sia diventato oggi questo partito che nasceva dall’unione di due culture profondamente popolari, da un lato gli eredi del P.C.I. e dell’ala riformista socialista, dall’altro i cattolici popolari. Possono esser comprensibili le diverse sfumature sulle questioni eticamente sensibili, ma non sui valori fondamentali del rispetto altrui e della libertà di pensiero.
La censura e l’oscurantismo sono espressione di formule massimaliste, non appartengono certamente alla logica del confronto e della dialettica democratica. Le divisioni che hanno portato alla diaspora della componente moderata “renziana” ne sono la prova, impensabile che due anime così diverse potessero coesistere.
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