“Ho ucciso mia madre”: assolto perché il giudice non gli crede

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Gianni Ghiotti si era accusato dell’omicidio volontario della madre, la 91enne Laura Tortella, morta il 4 novembre del 2017. L’uomo aveva confessato, ma ciò non è bastato per arrivare a una condanna. Il giudice Federico Belli del tribunale di Asti ha ritenuto “inattendibile” la confessione dell’uomo e ha assolto l’ex operaio 57enne perché “il fatto non sussiste”, come si legge nel dispositivo della sentenza, della quale sono state appena depositate le motivazioni.

Ghiotti: “Ho ucciso mia madre, l’ho soffocata con un cuscino”

Erano trascorsi tre anni dal ritrovamento del corpo, quando il figlio ha confessato l’omicidio: sarebbe stata la donna a chiedere di morire, perché afflitta da una grave osteoporosi, a causa della quale aveva riportato quattro fratture del femore in un anno. Secondo i medici, ulteriori interventi erano improponibili, data la forte fragilità delle ossa. Queste le parole di Ghiotti: “Ho ucciso mia madre, l’ho soffocata con un cuscino“.

L’imputato aveva mentito?

Secondo il giudice, non si era trattato di una menzogna dell’imputato, che avrebbe raccontato “qualcosa di cui è intimamente convinto, ma che non corrisponde alla realtà dei fatti“. Il medico legale ha constatato il decesso il 4 novembre 2017, nella casa di Piovà Massaia. E’ stato certificato che la morte è avvenuta per cause naturali. Secondo la perizia psichiatrica, cui è stato sottoposto dopo la confessione, Ghiotti è capace di intendere e di volere, ma “vittima di sensi di colpa e ansia, preoccupato degli effetti del suo comportamento”.

Il giudice: “L’imputato si rimproverava di non aver fatto abbastanza”

Scrive ancora il giudice: “Si rimproverava di non aver accudito a dovere la donna di cui, invece, si è sempre occupato quasi da solo come avevano confermato anche alcuni conoscenti e parenti dell’uomo durante il processo. È un figlio che si sente in colpa per la morte della madre a tal punto da darsene la colpa. Si è convinto di averla uccisa lui“.
Dopo la confessione del figlio, il cadavere della donna era stato riesumato. Erano stati svolti esami approfonditi: era stata accertata la presenza di sonniferi, dei quali la donna faceva uso abitualmente a causa della sua malattia.

Nulla che certificasse la colpevolezza dell’imputato, dunque. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a 7 anni e due mesi di reclusione. Dopo l’assoluzione, sarà la Procura a decidere se fare ricorso in appello.

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Redazione Nazionale

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